LETTERATURA DIALETTALE NELL'ALTA ITALIA. 115
o come nell'altra dove i demoni sono descritti tutti intenti al tormento dei dannati, mangiandoseli a brano a brano ed esortandosi scambievolmente ad attizzare il fuoco :
Li cria li diavoli tuti a summa testa: « Astica astica fogo! dolenti ki n'aspeta. » Mo' ben dovč saver en que modo se deleta Li miser peccaor, c'atendo cotal festa.
L'un diavolo cria, l'altro ge respondo, L'altro bato ferro e l'altro cola bronco, E altri astica fogo et altri corro entorno, Per dar al peccaor rea noito e reo corno.
Altri prendo baili, altri prendo rastegi, Altri stico de fogo, altri lance e cortegi, No fa-gi forca en scui nč '11 elmi nč 'n capegi, Pur k'i aba manare, cape, forke e martegi.
Ruvida arte, se vuoisi, ma nella sua ruvidezza, originale e degna di studio; arte che ritrae tutto un insieme di sentimenti e di credenze che hanno sģ gran parte nella storia dell'etą di mezzo, e che perciņ stesso č rappresentazione di una veritą, tanto p ii importante se si consideri alla spontaneitą onde essa si manifesta in una forma cosi vivamente drammatica. Il sentimento affatto popolare che sboccia dai confusi e molteplici involucri di una civiltą, dove tutto č allo stato di formazione, parlando la nuova lingua, quasi inconsapevole di sč stesso, pone le prime pietre al grande edilizio della letteratura nazionale. Nč noi veramente crediamo che Giacomino di Verona, scrivendo, pensasse troppo o all' Apocalisse o al Fascicularius di San Bonaventura, o ai Morali di San Gregorio (1) : ma ci sembra che i suoi canti si informassero aile tradizioni cattoliche, che la fantasia e l'ispirazione individuale andavano vestendo di sempre nuovi colori. Un ignoto autore, per esempio, di un canto sull'.4ttiore di Gesł, che in mezzo a molti poveri e comunissimi pensieri e col suo rozzo vernacolo, tenta pure qualche volta di alzarsi fino alla lirica, vi dirą che niuno da Levante a Ponente, per quanto dotto sia, non potrą mai pur la pił minima cosa
Dir nč cuitar cun tuta la soa forca,
S' el non ą en prima en lo cor scrito
Lo libro de l'amor de Jesł Cristo:
brutti versi, ma che ci faranno pensare a quelli bellissimi di Dante, coi quali diceva di chiedere all'amore ogni ispirazione; come prima di lui il Bescapé aveva detto che il suo ditao, dal so core si l'ą pensao.
Questo stesso poeta si lascia anche fuggire una parola profana, che noi oggi raccogliamo avidamente, perchč essa ci č novella prova di ciņ di cui indietro parlammo sulla diffusione de'poemi cavallereschi in Italia: lą dove dice che l'amore di Gesł rende pił forti a combattere
Ke no fo Rolando nč Olivier, Nč Carlo Magno cun lo Daines Ucer.
Troppo lungo sarebbe se volessimo passare in rassegna tutte le altre poesie raccolte nel volumetto del Mussafia, e che sembrano appartenere a scrittore ve-
(1) Ozanam, op. cit., 132.