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Storia Letteraria d'Italia
I primi due secoli
Adolfo Bartoli
Francesco Vallardi Milano, 1880, pagine 552

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a cura di Federico Adamoli

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   0A1MT0L0 SECONDO.
   pop® francesi, non già modellandosi sopra di esse, ma anzi ricorrendo a fonti originali, e più che alle fonti, alla propria fantasia, e forse a tradizioni indigene e popolari. Egli scrive con vivacità, con eloquenza e con ricca immaginazione (1) più di ventimila versi ; Turpino stesso, egli dice, che aveva composta una cronaca, la quale non era bene intesa
   .......fors que da gient letrée,
   Une noit en dormant ine vint en avisée,
   Comanda moi e dist, avant sa desevrée,
   Que por l'amor saint Jaques fust l'estorie rimée,
   Et par ce vos ai je l'estorie comencée, A ce qe eie soit entondue et cantée.
   L'opera di Nicola da Padova è anch'essa dunque fatta per essere cantata al popolo, alla gente che non sapeva di lettere (il che significa qui di latino) ; ma l'autore riesce poi più letterato di quello ch'egli stesso forse non voleva; ed è buono a notarsi come egli assegni al suo libro lo scopo di castigare i codardi, di render cortesi i villani, e saggi i reggitori del popolo:
   Por voloir castoier li coarz et li vari, E fer en cortoisie retorner li vilan, E les retors de tere encroire en coseil san, Me sui mis à trover........
   col che si accenna alla influenza civile ch'ebbero ad avere i canti cavallereschi coi loro ideali di prodezza, di lealtà, di cortesia.
   Una lunga parte del poema del Padovano è, come dicemmo, originale, egli stesso n'è autore, en sui estez houtor ; cioè ei si allontana dai racconti dei poemi francesi, per ispaziare a seconda della propria immaginazione, conducendo in Oriente i suoi eroi, e facendovi compire da essi le imprese più grandi.
   La lingua è al solito un francese italianizzato: sebbene diverso da quello dei canti del codice XIII. La differenza ci sembra che consista nell'essere l'opera del padovano più letteraria, nell'aver egli meglio conosciuto certe regole e nell'averle applicate : ci si sente più l'uomo di studio che scrive per l'ambizione d'esser letto, mentre i poemi precedentemente esaminati sono lavoro più inconsciente, più spontaneo, meno riflesso. Ma però anche VEntrée en Espagne appartiene al medesimo genere, cioè a quella letteratura intermediaria tra Francia ed Italia, che segna al nord il principio dell'arte italiana.
   E come l'Entrée en Espagne, cosi la Prise de Pampelune (2), altro poema da alcuno creduto del medesimo autore del precedente (3), il quale non corrispondendo a nessun testo francese conosciuto, deve pure tenersi per lavoro d'invenzione ita-
   (1) Così giudica il signor Paris.
   (2) Cod. Marciano fr., n.° V.
   (3) Il signor Paris sostiene che la Prise de Pampelune è un frammento della seconda parte dell 'Entrée en Espagne, e che n'ò autore Niccola da Padova (Hist. Poet. de Charl. 173). Ma questa sua opinione è combattuta dal signor Paolo Meyer, con quella acuta e severa critica di cui egli è maestro, nelle sue Rechèrches sur l'Epopèe Frangafse, 45, 46 47; dove egli conclude che la Prise de Pampelune « est plus italicnnc que le poeme de Nicolas. »