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Storia Letteraria d'Italia
I primi due secoli
Adolfo Bartoli
Francesco Vallardi Milano, 1880, pagine 552

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   FATTI C1IF, APPARECCHIARONO LE PRIME MANIFESTAZIONI, ECC. 105
   tentasse ili elevare a lingua scritta i propri vernacoli municipali, giovandosi per una parte di elementi suoi propri, e non potendo sfuggire per l'altra alle influenze trovericlie, le quali dovevano essere già antichissime in lei. Prendiamo nel suo insieme il manoscritto veneziano di cui abbiamo parlato. Desso contiene sei canti, che tutti riguardano le imprese carolingie. Ognuno però di questi sei canti deve avere avuto un suo proprio autore: e la lingua di ognuno di essi è là per dirlo. Nè la lingua sola, ma il contenuto. Uno di questi autori si contenta di andare liberamente sulla falsariga d'una canzone francese; un altro se ne scosta di più ; un terzo inventa fatti nuovi, un quarto a storie già note aggiunge episodi •aioi; tutti cambiano nomi ai vecchi e già consacrati eroi dell'epopea carolingia, e più d'uno tra essi porta la scena del suo racconto in Italia. Che più? Il codice rimane non finito:
   Da qui avanti se renova la cancon, dice lo scrittore, e subito dopo si legge explicit liber. A noi la cosa apparisce chiarissima: un compilatore ha raccolto codesti sei canti, congiungendoli insieme alla peggio; ma ognuno dei sei canti ha un autore suo proprio. La compilazione doveva seguitare, ed il seguito è annunziato: altri poemi popolari dovevano entrare nel quadro. Perchè ciò non siasi poi fatto sarebbe vano indagare. Basta che resti quel verso a dirci che nuove canzoni seguiranno. Tali canzoni dunque esistevano : tutta l'epopea di Carlomagno erasi trapiantata .in Italia, ed andava acclimatandosi tra noi, prendendo un colorito diverso da quello che aveva in Francia, nelle sue forme esterne ed interne (1).
   Ed ecco in prova di ciò nuovi fatti. Un padovano compone un lungo poema sulle imprese di Carlo Magno in Ispagna (2); e lo compone non già seguendo l'e-
   (1) Il Signor G. Paris, nell'opera già molte volte citata, scrive del cod. XIII della
   Marciana ; «.....la compilation porte en effet tous les caractères d'un oeuvre destinée
   a étre cbantée au peuple. Sa popularité se montre principalement dans la liberté avec laqueìle Yavteur traite son sujet, liberté que nous n'avons pas trouvée dans les imita-tions germaniques, dues à des poetes plus lettrés. La matière de France, tout en con-servant une forme à demi frangaise encore, commence déjà à prendre une couleur propre, où se démèlent et la nationalité et l'individualité mème de l'imitateur. » —A noi non sembra che si possa parlare di un solo autore. Abbiamo studiato lungamente il manoscritto Marciano, e ci parrebbe che tutto concorra a provare che un compilatore ha in esso riunito i poemi di varii autori. Lo stesso signor Paris dice che c'è differenza tra la lingua per esempio del ramo di Beuve d'Hanstone e quella di Berte. « Le caractère du texte change ecc.; la langue et la versification prennent une couleur tout autre. » Ma se l'autre fosse uno solo, come queste differenze ?
   (2) Cod. XXI fr. della Biblioteca Marciana. Cf. sull'Entrée en Espagne l'articolo di Gautier nella Biblioth. de l'École des Chart., IV, 4.°, 219 seg. ; il medesimo Gautier, Les Epop. Frane., II, 328 segg.; G. Paris, Hist. poet. de Charl., 175 segg. —
   Ecco i versi nei quali l'autore si nomina:
   Mon nom vos non dirai, mai sui Pataviau, De la citez qe fist Antenor le Troian, En la joiose macche del cortois Trevixan, Près la mer a X licues o il est plus prosan
   Et comme Nicolais à rimer l'a complue.
   Sembra che Nicola da Padova oltre il poema della Spagna, altri ne scrivesse, oggi perduti.
   Bartoli. Letteratura Italiana. 14
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