Stai consultando: 'Storia Letteraria d'Italia I primi due secoli', Adolfo Bartoli

   

Pagina (106/555)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina      Pagina


Pagina (106/555)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina




Storia Letteraria d'Italia
I primi due secoli
Adolfo Bartoli
Francesco Vallardi Milano, 1880, pagine 552

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

Aderisci al progetto!

   
[Progetto OCR]




[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   J()8
   CAPITOLO SECONDO.
   Pane et e ve manuo solemant, En tera casoit sor l'erba verdoiant. Eie se plure e si se clama dolant, A lasa, fait eia, por qe vive eotant? Qe de raine e son fata serpanti Dist Milon : non parie tant avant, Li ben e '1 mal si est d'un senblant, Nen poit l'omo aver li son talant E ben e mal li stoit avoir sovant: Nul homo po viver in ste mondo dolant Senca poine e gran tormant; Se ino avemo dol ancor seron coiant. Et ensi la voit dolcement confortant, Ma quel conforto si tome a niant, Qe tanto estoit del altro enoiainant. Ne boie ni mance qe le soia a talant, E de quel vit molto poveremant. Al ensir de Provence en une selve grant De robaor li trovo plus de trant, Qe robent le camin dont va li mercaant, Tolge l'avoir, li diner e li besant, Pois li oncient se li ven por talant. Quando virent Milon cun la dama solemant Non avoit arme fora le vestimant, Et virent la dama tant bela et avenant, Par lor rober i se fait avant. Quando Milon le voit si le dist enoiant, Segnur, fait il, nu no sen mercaant, Ne no portemo arcoit ni besant, Lasen aler por deo e por li sant. E cil le dient: vos estes un truant, Menes sta dame oltra so maltalant. Doner la vori por or e por arcante
   Noi qui non possiamo entrare in discussioni filologiche; ma basta, ci sembra, anche la più superficiale osservazione per ritrovare nella lingua di Berte et Milon quasi la stessa lingua del Macaire, sebbene forse in un grado diverso di italianizzazione, e con un colorito generale che ci fa supporre non essere uno solo l'autore dei due poemi.
   Procedendo innanzi nell'esame del Codice, abbiamo la storia di Ogier le IJanois dove seguesi assai fedelmente la Chanson de geste Enfances Ogier le Danois (1). Ed appresso una nuova canzone, Coment li Danois alo a Marmore, dove ricominciano le libertà dello scrittore nell'alterare i fatti, nell'aggiungerne di nuovi, nel sopprimerne altri, insomma anche qui nel rifare, e sempre, press'a poco nella medesima lingua.
   L'ultimo episodio della compilazione veneziana è il Macaire, del quale noi abbiamo parlato in principio, perchè ne sembra che esso rappresenti le qualità più spiccate del genere.
   Ibrido genere, già lo dicemmo, che tiene del francese e de' dialetti lombardi e veneti; e che ci prova (irrecusabilmente agli occhi nostri) come nel secoloXIII una gran parte dell'Italia settentrionale si affaticasse a l'ormarsi una lingua letteraria
   (1) G. Paris, op. cit17J.