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Storia Letteraria d'Italia
I primi due secoli
Adolfo Bartoli
Francesco Vallardi Milano, 1880, pagine 552

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a cura di Federico Adamoli

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   J()8 CAPITOLO SECONDO.
   rato vide ed amò Cairels, e fu amata da lui, che in bellissimi versi ne celebrò le bellezze (1), e l'accompagnò col suo canto quando ella partì forse per Terrasanta.
   Altri nomi più oscuri di trovatori sono quelli del piemontese Pietro della Ito-vera (2), di Uc. da Pena genovese (3), di Ugo Catola, di Guglielmo di Siivacana, di Pietro dalla Mula, di Alberto Quaglia di Albenga o di Diano (4), di Paolo Lan-franchi pistojese o pisano, di Migliore degli Abati fiorentino, ricordato nelle Cento Novelle (5); di Elia di Berzol o di Bergiolo genovese « forse di Gubbio, di Luchetto Lascari di Pignone, del monaco Lascari de'conti di Tenda, di Luca Grimaldi, che dicono scrivesse satire contro Bonifazio Vili (fi).
   Fra gli italiani potremmo porre anche quel
   Folchetto eh'a Marsiglia il nome ha dato Ed a Genova tolto, ed a l'estremo Cangiò per miglior patria abito e stato;
   quel Folchetto, indiato da Dante, che figliuolo di un mercante genovese, accolto e festeggiato alle corti di Provenza, di Montpellier, di Tolosa, di Aragona, amante di Adelasia moglie di Barrai visconte di Marsiglia, di Laura di Saint-Jorlan, di Eu-doxia figliuola di Alessio Comneno, fini poi vescovo di Tolosa, e feroce vescovo, persecutore di coloro che lo aveano beneficato; degno ministro di Roma papale, degno socio dell'infame Montfort.
   Rivolgiamo lo sguardo da lui, ben contenti di non dovere scrivere fra i poeti d'Italia un tal nome contaminato; e piuttosto terminiamo questa rassegna dei trovatori italiani con Nicoletto da Torino e Pietro della Caravana. Il primo di essi < e-lebra i gesti di Federigo II in una tenzone con Giovanni d'Albuzone (7). Esso Pe-
   (1) Del sieu belh cors, grail'e sotil Blanc e gras, suau, leu e dos, Volgr' ieu rctraire sas faissos ; Mas gran paor ai de falliir .Quant ieu remir Son gen cors cui dezir. Sa saura crin plus que aurs esmeratz, E son blanc front, e 'ls cils voutz e delgatz, E 'ls huelhs e '1 nas eia boca rizen ! A ! per un pauc denan totz non la pren ! 1list. Litt. de la France, XIX, 495-96.
   (2) Basterò, La Crusca Provenzale, 91.
   (3) Barbieri, Origine della poesia rim., 114.
   (4) Cf. Spotorno. Stor. della Lig., 1, 276.
   (5) Tiraboschi, Stor. della Letter. Ital., IV, 2, 477.
   (6) Cf. Spotorno, Stor. della Lig., 1, 272-73-74.
   (7> Così lo chiama il Creseìmbeni (Istor. della volgar poesia, 11, 188), che lo dice italiano. Neil' Hist. Littér. de la France, è detto d'Aubusson. Nel Cod. Vaticano 3207, Joa-nes dal Bucion. Non ci sembra, invero, che i versi citati da Emerio David (Hist. Litter. de la France, XVI11, 626) valgano, come egli dice, a distruggere o indebolire le congetture del Crescimbeni. Ne giudichi il lettore :
   Chanson, entre 'ls meillor q' eu sai E vas nulla autra part t' en vai En Proensa, saluda m lai , De ma part toz los plus presaz, Sobre totz mon seignor Blacaz.
   Ma piuttosto la tenzone fra esso e Nicoletto ci pare che possa convalidare l'opinione ch'egli fosse italiano, se lo sentiamo partecipe delle passioni politiche che abitavano ai suoi giorni i popoli di Lombardia. Questo è qualche cosa di più che ua saluto alle dame ti Provenza e a Blacas.