J()8 CAPITOLO SECONDO.
fatta tra il Conto ili Tolosa od il re Luigi IX (1), e l'altra più celebre, contro i costumi del suo secolo (2), che comincia
Qui se membra del segle qu'es passatz Com liom lo vi de totz bos faitz plazen, Ni com liom ve malvais e recrezen Aquel d'aras, ni com er restauratz....
ci mostrano chiaramente il nostro poeta mescolarsi ai fatti politici e sociali del suo secolo, salire, come dice Diez, alla tribuna del Forum, far sentire la sua libera parola ai principi e ai popoli.
Accanto a questi fatti però come dissimulare la vita sregolata del mantovano? Le sue canzoni di amore ne danno troppo chiara testimonianza (3), e già abbiamo veduto quello che di lui riferiscano i contemporanei ed i poco posteriori. Ma è poi da fare le meraviglie di ciò? Quanti altri trovatori non ci offrono simili esempi? Quale è il fatto, per quanto strano, che possa farci meravigliare nel secolo XIII? Non sarà certo la vita del nostro Sordello, la quale anzi potrebbe essere forse come un'immagine del secolo stesso (4).
(1) Hist. Litt. de la France, XIX, 451.
(2) Ved. in Raynouard, Choix, IV, 329.
(3) « Sordel (scrive Diez), à en juger par ses chansons était un véritable Joconde; il fut entr'autres l'amant de la comtesse de Rliodez. Hors de là, il tait le nom des victimes, d'autant plus nombreuses que ses amoureuses supplications sont suaves et séduisantes. »
(4) Recentemente il signor Galvani, promettendo uno studio sul trovatore Mantovano, scrive (Nov. Prov., Pref., XVI, XVII): Io credo che fu di lui l'opposto di ciò che accadde a Romeo di Villanova, nobile Bailo dell' ultimo Raimondo Berlinghieri conte di Provenza. Questi, pel suo nome Romeo, fu scambiato con un povero e vetusto pellegrino di cui,
Fu 1' opra grande e bella mal gradita,
e s'intesserono favole che l'Allighieri, Par. 6, accolse ed immortalò, e Giovanni Villani c. 91, VI, fe' passare nell'istoria: quello dall'ingegno tutto poetico, dall'avventatezza più sfrenata ed ardita in tutti i casi d'amore, dal trovarsi mescolato tra noi cogli Eccellini e col Conte di San Bonifacio, poi dall'essere sfuggito alle sincrone testimonianze italiane per incontrare nuove e perigliose avventure oltre l'Alpi, dove sombra chiudesse i suoi giorni, divenne per così dire il Don Giovanni dei romanzi amorosi, per passare finalmente alla gloria del poeta cavalleresco e cittadino per eccellenza. — Riportiamo anche le seguenti parole di Fauriel: Qu'a voulu Dante en tracant ainsi le portrait de Sordello? Rappeler tout simplement l'existence historique de Sordello, le fait matériel et siniple de cette exi-stence ? certainement non, il n'y a pas, dans ce portrait poetique un seni trait qui corre-sponde aux données historiques, qui puisse en étre déduit avec vraisemblance, qui en rap-pelle aucune, si vaguement ou si indirectement que ce puisse étre. Il y a entre les uns et les autres une opposition réelle. On ne peut pas douter de l'identitédu Sordello poérique et du Sordello historique; mais il ne serait pas aisé d'en donner des preuves directes et positives. Dante a voulu faire et a fait de Sordello le typo, l'idéal du patriote en géneral et plus particulièrement peut-étre du patriote italien ; il en a fait un Gibelin qui ne par-donne pas à Rodolphe de Habsbourg d'avoir négligé les arfaires de l'Italie, et de les avoir empirées par cette négligence,qui espère néammoins encore d'un autre empereur le salut du pays. Maintenant pourquoi a-t-il attaché à ce portrait le nom de Sordello? Quelle con-venance y avait-il à cela? Aucune, fondée sur des choses à notre connaissance. Mais il semble impossiblo que Dante n' ait pas eu quelque motif, si faible ou si indirect que l'on veuille le faire, d'associer l'idée de Sordello à ce passage de son poéme. Le motif reposera