FATTI CHE APP VRECUIIIARONO LE PRIME MANIFESTAZIONI, ECC. 37
francesi del mezzogiorno e del settentrione: quelli che per la Lombardia, sotto la guida del Conte di Tolosa, che conduceva con se la moglie ed un figliuolo ancora lattante, passano nel Friuli, e quindi in Dalmazia; questi che traversano in tutta la sua lunghezza l'Italia, ed entrano in Puglia. Erano uomini d'arme, preti, donne, fanciulli, contadini, servi, male armati, mal vestiti, alla cui testa stavano il duca di N'ormandia, il duca di Bretagna, il conte di Fiandra, ed altri nobili e potenti signori, attorno ad essi, accorrono d'ogni parte gli Italiani:
« Quos Athesis pulcher praeterfluit Eridanusque, Quos Tyberis, Macra, Vulturnus, Crustumiumque, Concurrunt Itali. »
Tutta la moltitudine si riversa nella Puglia; e nelle città di Brindisi, di Bari, di Otranto attende che sia pronto alla partenza l'esercito di Boamondo.
Le popolazioni italiane, noi già lo sappiamo, non parlavano più certo il latino, ina una lingua che andava ogni giorno più trasformandosi nel futuro volgare. Ed ora sentono un altro volgare, simile al loro, parlato da mille e mille labbra: lo sentono nelle pianure lombarde, come già lo hanno sentito in Puglia, in Calabria, in Sicilia.
Alla Sicilia specialmente fermiamo là nostra attenzione. Quivi la dominazione Normanna si costituisce in vera e forte signoria; una guerra di nazionalità si combatte contro gli Arabi: siculi e normanni si affratellano, e una gente sola si forma, che ha comune la religione, i costumi, la lingua:
Moribus et lingua quoscumque venire videbant Informant propria, gens efficiatur ut una.
Il conquisto normanno, ripeteremo col La Lumia (1), s'offre alla storia come una successione non dubbia di atti ardimentosi e stupendi; una insegna di vittoria opportunamente spiegata a proteggere un moto nazionale, che inaugurato in terraferma, si comunicava e si compiva nell'isola ; e ne usciva tutta giovane e forte una società, la quale, animata di latini ed italici spiriti, pur assimilavasi insieme quanto del mondo occidentale e germanico attingeva, più o meno, da' condottieri normanni, quanto del mondo orientale ritraeva dagli Arabi, e da' superstiti avanzi del dominio dei Greci.
La monarchia normanna in Sicilia andò svolgendo gradatamente lo sue proprie fòrze; sotto Ruggero II, prode nelle armi e dotto nelle lettere, sali a tanta potenza ch'esso Ruggero potè darsi il titolo di re d'Italia (2). Tre popoli, tre civiltà, tre lìngue tendevano a confondersi insieme: era una nuova nazionalità che sorgeva ricca di elementi svariati. Dai più remoti paesi si chiamavano i dotti a Palermo : le scienze e le arti, fiorivano splendidissime, vivificate dall'alito mussulmano, amate e protette dalla munificenza normanna. Lusso orientale, che Si adornava delle sete àbbricate nella corte stessa del re ; donne, cavalieri, amori, costumi, quali potevano essere sotto quel cielo, in mezzo a quella natura incantevole, fra quegli uomini di sangue greco ed arabo, sotto la influenza di quella nuova civiltà che si sviluppava potente. Sembrava veramente che la poesia avesse voluto fabbricare a sè il proprio regno: aspettiamo ancora un poco, e ne sentiremo le dolci note, le quali dovranno uscire dal labbro del popolo, appena codesto popolo possa cantare in una lingua sua, cu egli senta parte di sè, della sua vita nazionale.
(1) Studi di storia Siciliana, I, pag. 18.
(2) Rogerius Siciliae et Italiae Rex. — Neil'Ughelli, Italia Sacra (x, 98), si legge: « Anno 1136 fecerunt Pisani stolum, mirabilem hominum multitudinem continentem, contra Rogerlam Siciliae Comitem, qui faciebat se vocan in tota terra sua regem Italiae. » Cf-La Lumia, op. cit.