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Storia della Letteratura Romana

Cesare Tamagni
Francesco Vallardi Milano, 1874, pagine 590

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a cura di Federico Adamoli

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   CAPITOLO IX.
   § 116. Varrone ca altri.
   Molti furono i grammatici romani; sennonché, ei faceano un gran copiarsi a vicenda: uno Sfaceva alquanto l'opera d'un grammatico anteriore, e vi apponeva il suo nome, destinato poi ancli'egli a un consimile trattamento per parte d'un suo successore. Talora facevano una specie di miscuglio, di contaminano, di parecchi grammatici auteT lori, e al miscuglio lasciavano il nome (lei primo degli autori mescolati. Era una conseguenza naturale non solo delle idee molto larghe degli antichi circa la proprietà letteraria, bensì anche dell'indole del soggetto, chè anche oggi non s guarda tanto al tuo e al mio nel comporre grammatiche o dizionari. È inutile po avvertire novellamente che sotto la denominazione grammaticale gli antichi comprendevano assai più cose di noi, vale a dire commenti a: testi di poesia ;e di prosa, recensioni di testi, osservazioni stilistiche, ravvicinamenti etimologici, critica letteraria. S dice, per esempio, avere speso cure attorno ai tes il epici di Nevio e di Ennio il grammatico C. Ottavio Lampadione, e pure a que pi Ennio Q. Var-gonteio, e attorno a Lucilio Lelio Archelao e Q. Vezzio Filonomo, ed a Plauto Sisenna. I poeti stessi, come Azzio e Lucilio si occuparono di cose graminatica'i. Notevolissimo fu L. Elio Stilone, detto Lanuvino dalla patria e Preconino dalla professione paterna, vissuto suppergiù nel secolo settimo e legato in gran relazione colla prima nobiltà di Roma, essendo egli stato augure con uno Scevola, e lattosi compagno d'esilio il 651 d. R. ad un Metello. Commentò i carmi saliari e le Dodici Tavole, e ad altri lavori eruditi attese con profìtto ed amore,'ini ..andovi altresì, quel che è più, il gran Varrone, e Cicerone medesimo. Ebbe nome anche il genero suo, Servio Clodio, e furono, tra molti altri, celebrati come maestri di grammatica, Ottavio Teucro, Sescennio Jacco, Oppio Carete ; e di cose ecrusche s' sa a un dipresso che scrisse Tarquizio, e De sacris Salia^ibus Tiìnirtium scrisse OUavio Er-sennio. Ma di tutti costoro tutto è perduto, come ancora di Sevio Nicànore, di Aurelio Opilio, dì M. Antonio 6 ni fotte, e di M. Pompilio Andronico, di Orbilio Pupillo, di Ateio, di Valerio Catone, di Cornelio Epicado, di Staberio Eros, di Curzio Nicla, di Letico berto di Pompeo, di Tirone liberto di Cicerone, di Santra nominato da Gellio e da Quintiliano e stimato autore di opere di molto conto, di Ipsì-crate, di Cloazio Vero, di Ennio juniore, di P. Lam'nio, di Vcranio Fiacco. Tra i grammatici va pur annoverato, per il suo perduto libro De analogia, O. Cesare ; ed il dottissimo Nigidio Figulo.
   I non di cotesti dotti e i titoli delle opere, od anche talora alcun loro frammento, occorrono soprattutto nell'opera di Svetonio sui grammatici, in Quintiliano, in Gellio, come pure in Macrobio ed in altri grammatici di cui le opere non ci sono state rapite dal tempo.
   Ed è gran fortuna che tra le opere grammaticali superstiti ci sia per l'appunto quella De lingua latina di Terenzio Varrone, di cui restaci almeno una parte. Erano in orie ne venticinque libri, ne'quali si trattava l'etimologia lessicale, la flessione grammaticale, e la sintassi. A noi non son giunti che sei libri, dal quinto al decimo inclusivamente ; non senza però lacune, interpolazioni e corruttele. Dal quinto libro in poi l'opera fu deuicata a Cicerone (chè i libri anteriori erano diretti, pare, a