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Storia della Letteratura Romana

Cesare Tamagni
Francesco Vallardi Milano, 1874, pagine 590

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a cura di Federico Adamoli

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   542U LIBRO SECONDO. — PARTE II — RACCONTO. I PROSAToRL
   quella lionese del Vittorio (1511 ; riprodotta due anni dopo a Parigi da Roberto Stefano), quella curata da Gesner (Lipsia 1735: arricchita dall'Ernesti, ibid. 1773; e spesso ancora riprodotta; per es., col lexicum rls cum (Biponti = Zweibriieken, J787), quella latinamente commentata di Schneider (Lipsia 1794-96, 4 voi. 9'parti).
   Tra le molte opere che potremmo citare, concernenti l'agricoltura greca e romana, rammentiamo particolarmente Rougier (Hist. de l'agric. ancienne des Rom. Paris 1835), Schneider (Ueber d. Wien- und Obstbli d. alt. Ròm. Rastatt 1846; trad. on frane, par' Marcband, Dijon 1869), Magerstedt (Bilder der rom. Landwirtschaft (Sondershausen~1858-59-61-62-03, sei parti).
   § 113. Variono ed altri.
   Gli scrittori romani d'agricoltura, Varrone, Columella, e Plinio stesso, parlano con molta lode di un cartaginese Magone, che, in ventotto, o ventisette libri che fossero, trattò in lìngua punica l'agricoltura, e di. cui l'opera fu tradotta in greco e ridotta a venti libri da un Cassio Dionisio di Utica, la cui riduzione fu poi daccapo ridotta, in libri sei, da un Diofane di Bitinia. In latino fu poi l'opera di Magone tradotta, allorché, presa Cartagine, e regalate dai romani le biblioteche cartaginesi ai piccoli re dell'Africa, sola fu tenuta di conto l'opera di Magone, e per senatoconsuito fu voluta diffondere tra i romani, onde fu presa a tradurre principalmente da Silano, uomo di illustre stirpe (1). Oltre il Magone, che Columella chiama il padre della scienza agricola (parentem rusticationis) fu noto anche ai romani per la stessa scienza il figlio di Magone, Amilcare (2). Sempre gli stessi scrittori fan menzione anche di scritti agricoli di due Saserna' padre e Aglio, e Plinio menziona un Mamilio Sura. La lodè d'aver introdotta l'eloquenza nella scienza agronomia è data da Columella a Gneo Tremellio Scrofa, cospicuo romano, amico di Attico, e da Varrone messo per interlocutore nell'opera De re rustica. Anche Giulio Igino (di cui dicemmo a § 72) è da Columella citato come non ispregevole autore di cose agricole, e particolarmente di uno scritto De apibus (3).
   Dei cinque libri agricoli di Celso si tenne parola più sù (§ 110). Spesso è citato pure da Columella Giulio Attico, che trattò la vinicoltura, e il discepolo di lui Giulio Grecino, che trattò il medesimo soggetto; e M. Ambivio, Menate Licinio; e C. Mazio, autore di un'opera in tre libri, ognuno con suo proprio titolo. Plinio cita Sabino Tirone, autore di un'opera di orticoltura dedicata a Mecenate; e Cesennio, Castrizio, Firmo e Perico, scrittori dello stesso argomento, e Melisso, che trattò le api, e non sappiamo se sia identico al grammatico così nominato dell'età augustea; e Vibio Bufo, anch'esso non si sa se identico al retore dello stesso nome; e Tergilla, e Cepione, autore di uno scritto concernente l'apicoltura.
   Ma senza più altro indugiarci a enumerare autori più o meno oscuri di opere quae tempus nobls invidit, tocchiamo alla fine del Rerum ruslicarum di quel mirabile uomo di Yarrone, che ad ottantanni lo scrisse e distinse in tre libri. Nel primo de' quali, dedicato a sua moglie Fundania, tratta dell' agricoltura in generale; nel secondo, indirizzato a Turannio Nigro, dell'allevamento degli animali, e dei loro prodotti, come latte, cacio, lana, insomma de re pecuarìa; enei terzo, diretto a Quinto Pinnio, tratta de villatieÀs pastionibus ; vale a dire degli animali che vali tenuti in un podere per ornamento, ovvero per la caccia o per la pesca.. L'opera è piacevolmente scritta, in forma elegante, e con ìntramesse archeologiche o mitologiche, e considerazioni morali. È in forma di dialogo, e i personagg ne mutano ad ogni libro; ma son sempre persone segnalate in qualche modo per la competenza in ciò che dicono e per altre ragioni. Varrone in quest'opera seguitò l'esperienza sua, consultò quella dei suoi conoscenti, e si giovò delle opere agricole romane e delle greche. E, sebbene alla prima non parrebbe che dovesse così essere, pure è certo che au-che in quest'opera agricola il grande uomo ebbe un intento etico e patriotico; di richiamare un poco i concittadini suoi dalle guerre civili, e dalla raffinata corruttela che sempre più gl'invadeva, a quegli studi innocenti che aveano data tanta semplicità alla giovane repubblica romana ed insieme tanta utilità economica