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Storia della Letteratura Romana

Cesare Tamagni
Francesco Vallardi Milano, 1874, pagine 590

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   CAPITOLO VII. s. s i: c i.
   § 110. Cornelio fleiso.
   Della vita di Celso nulla si può dire. Fu fatto da alcuni nativo di Verona, da altri di Sicilia; ma in realtà la patria ce n'è ignota; e solo si indovina 'die egli visse e scrisse a Roma. Neanche l'età in cui visse si può con perfetta precisione indicare; ma tutto ci fa inclinare, ad ogni modo, a porre che egli sia fiorito non prima del regno di Tiberio e non dopo di quel di Caligola. Columella (contemporaneo di Seneca) dà Celso come un autore dei tempi suoi: dice sempre di lui e di Giulio Attico: nostrorum temporum viri astatis nosirae celeberrimi auctores e quos mamme nostra aetas probavit (1). Quintiliano cita tra gii autori di opere di retorica il Gallione padre, e, come anteriori a lui (anteriori, s'intende, nella com-poi.xzione di opere retoriche, percnè del resto nulla vieta che gli fossero eguali di età od anche minori) e più accurati, Celso appunto, ed altri (2). Plinio naturalista cita Celso tra le fonti sue, e ci dice poi di Giulio Grecino, che quest fece uso dell'opera di Celso sull'economia rurale (3), e Grecino fu decollato per ordine di Caligola su. principi del costui regno. Da tutto ciò abbiamo indizi sufficienti per collocare Celso nell'epoca che abbiam detta, escludendo del pari le due contrarie supposizioni di alcuni eruditi, che egli fosse un contemporaneo di Augusto e grande amico di Virgi'io, Orazio ed Ovidio, o che invece s'inoltrasse fino all'epoca di Trajano.
   Celso fu un enciclopedico. Scrisse un'opera di arte retoi ica, che fu presto oscurata da quella di Quintiliano; il quale però spesso la cita, per lo più per combatterla, anz. in un punto (4) chiama lui addirittura mediocri vir ingenio. La qual frase alcuni dotti stranieri, per quell'abuso biasimevole che talora fanno della critica congetturale, han voluto mutarla in altra più favorevole a Celso, mutando mediocri in' acri, o ritenendo senz'altro tutta essa frase per una glossa marg naie, che però fosse originariamente haud mediocri, ecc., e solo dopo, amputata del-Yhaud iniziale, fòsse introdotta nel testo! — Da uno scolio a Giovenale si ricaverebbe essere stata quella di -Celso una rettorica in sette libri (5).
   Scrisse pure Celso elegantemente, secondo Quintiliano stesso dice (0), di cose filosofiche, sulla scorta de'seguacx di Sesto; e S. Agostino ci fa sapere trattarsi di sei non piccoli voluim, ove Celso espose, senza confutarle, le opinioni dei filosofi anteriori (7).
   Columella po' che anch'esso al par di Quintiliano insiste sul valore enciclopedico di. Celso (8), afferma ch6 Celso i cinque libri abbracciò tutto il corpo della dottrina agronomica (9), e gli dà lode d'elegante (10).
   Ma della tanta attività di Celso fino a noi non è arrivato che un sol saggio (e per fortuna il più importante, che se fosse andato perduto si sarebbe ora privi della parte più sostanziale della letteratura medica di Roma), cioè gli otto libri de medicina. Il primo de' quali, oltre una breve storia della medicina appo i Greci, contiene la dietetica e la profilattica; il secondo la semiotica e la patologia e terapia generale; il terzo e quarto la patologia speciale; il quinto la terapeutica ed un ricettario; r sesto la patologia chirurgica; il settimo la terapia chirurgica; l'ottavo le malattie delle ossa.
   Tamagni e D'Ovidio. Letteratura Romana.
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