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Storia della Letteratura Romana

Cesare Tamagni
Francesco Vallardi Milano, 1874, pagine 590

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a cura di Federico Adamoli

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   CAPITOLO VI.
   SCRITTORI DI MATEM1TIO, M ARC1I1TK1TIJRA, m ASfc'ITiì .IBI ILLTAKì'J E I9E SEIDG'KìAFl.t.
   g 104. Vitruvio.
   Della vita di Vitruvio altro non si sa che quel pochissimo che si lileva dalla sua opera. Che egli fosse di Verona è deduzione incertissima che si è fatta dall'essersi rinvenuta (1) una iscrizione veronese ov'è nominato un Vitruvius Cerclo architectus. Il prenome suo chi lo fece Lucio, chi Marco: ad ogn> modo, nessun cenno ve n'ha nei manoscritti, e su mere congetture ne vollero stabilire uno i nostr: umanisti del quattrocento. Il cognome Politone deriva da un estratto dell'opera vitruviana, del quale più giù si farà cenno, e che incomincia: De architectonicae peritia multa ora-tione Vitruvius Polio aliique auctores scientissime scrvpsers. Di antico e di autentico non resta insomma che il Vitruvio
   Egli dedicò l'opera sua ad Augusto, e dalle parole a questo dirette, le quali (a dirla qui di passata) molto rammentano l'introduzione della prima Epistola oraziana del libro secondo (« Cum tot sustineas et tanta negotia solus etc. »), si ricava che Vitruvio era stato in relazione anche con Giulio Cesare, che egli era stato impiegato alla costruzione delle macchine da guerra, e che perciò avea da Augusto ricevuto un compenso da non aver oramai più bisogno di nulla sino alla morte. Il che gl dovè fare tanto più comodo, in quanto, com'egli stesso afferma, era tutt'altro che un
   miracolo di salute e di vegeto aspetto: « mihi____staturam non tribuit natura, fac ;m
   deformavit aetas, valetudo detraxit vires » (2).
   Ad Augusto egli dà dell'Imperator o del Caesar, ma ne sa pure il titolo Augustus conferitogli il 727; oltreché menziona il Tempio di Quirino che fu edificato il 738: però, non più che un sol teatro di pietra conosce esservi in Roma, mentre nel 741 ve n'era già degli altri. Cosicché suppergiù, ad argomentare l'epoca della composizione dell'opera sua, riusciamo fra il 739 e il 740, press'a poco.
   E quest'opera sua porta il titolo De Architectura. È in dieci libri, ognun de' quali fornito d'una sua propria introduzione, e di proprio sunto. I primi sette libri trattano l'architettura propriamente detta, l'ottavo gli acquedotti, il nono della misura del tempo, particolarmente dello gnomone, il decimo delle macchine.
   Pare c. fossero unite delle tavole, giacché, a un certo punto (3), alla descrizione del cosi detto coronale e fa seguire queste parole: « esemplar autem chorobatis erit in extremo volumine descriptum (riprodotto) ». Per altro, noi non ne abbiamo alcuna traccia.
   Il contenuto dell'opera di Vitruvio è in gran parte attinto ad opere greche per noi perdute, ed in parte è sorto da osservazioni dirette dell'autore, che aveva ben campo a farne, in verità, in un paese come Roma, ove l'architettura e i lavori pubblici ebbero uno sviluppo cosi grandioso. La forma, tenuto pur conto delle difficoltà che c'erano a svolgere un soggetto non mai trattato di proposito in latino, si può dire che accusi uno scrittore poco abile. Lo confessa già egli stesso (4); e si vede che non sa bene neanche il greco, di cui ha tanto bisogno.
   Checché sia però, strana è la supposizione che qualche dotto ha messa in campo, cioè che l'opera di Vitruvio sia roba del decimo, o dei decimoterzo secolo; mentre