CAPITOLO Y. — I FILOSOFI. 521
ed ebbe cosi occasione a visitare le Gallie e il Belgio. Ma già nel 52, come s'è detto, era di nuovo in Italia, ove passò del tempo in residenze diverse. Ed inoltre in un completo ritiro dalla vita pubblica stette egli durante il reggimento di Nerone, finché però non fu nominato procuratore della Spagna, per assumer così la direzione finanzi iria di quel vasto paese. Salito al trono imperiale Vespasiano, che gì' era affezionato (69 d. C.), ritornò Plinio e fu intimissimo della corte, ed ebbe tale ufficio per cui gl incombeva tutte le mattine d'andare avanti giorno dall'imperatore a fare il rapporto. Da ultimo ebbe la carica di ammiraglio della flotta stazionata presso Miseno. Nel 79 facendo il Vesuvio la sua famosa eruzione che seppellì Ercoiano e Pompei egli troppo vi s'avvicinò, sia per curiosità scientifica, sia per dovere d'ufficio, o per entrambi i motivi, e certo vi lasciò, non si sa bene in che maniera pressamente, la sua nobile e infaticabile vita.
(l) Epist. Ili, 5.
B) Opere.
Oltre l'opera maggiore a cui tra poco verremo, ed oltre l'opera storica perduta, sulle imprese de' Romani in Germania, della quale fa menzione Tacito (1), e che Plinio nipote dice esser constata di venti libri (2), scrisse l'infaticabile e coltissimo P> mo lavori assai disparati: De jaeulatione equestri in un libro (3); De vita Pomponi Se-cundi, in due libri; Studiosi (libri) III, per la loro lunghezza distribuiti in sei volumi, dove prendeva a formare l'oratore, cominciando dalla sua puerile educazione; opera questa lodata da Gellio (4) e da Quintiliano (5); Dubii sermonis (libri) vili, a cui l'autore stesso accenna con titolo più generale De grammatica (6), opera scritta negli ultimi anni del regno neroniano, quando la servitù rendea pericoloso il trattare con libera parola altri soggetti. La si aggirava circa le forme dubbiose della flessione e iella formazione delie parole, ed ebbe assalti e censure da filosofi, stoici, dialettici, epicurei, anziché da grammatici; che anz non mancò d'aver abbastanza credito presso i grammatici posteriori, alcuni dei quali non di rado la citano. E finalmente un'altra opera storica, in trentun libro, A (ine Aufìdii Bassi, scrisse con grandissima coscienza; opera citata, oltreché dall'autore stesso (7) e dal nipote (8), anche da Tacito (9).
Ma l'opera sua più importante, che fortunatamente ci è r'masta, fu quella che scrisse negli ultimi suoi anni, col titolo di Naturalis Historia (com'eg la d ce, chè il nipote preferisce dirla Naturae historiarum libri...); opera affatto nuova nella letteratura di Roma, ed anzi, per la vastità della sintesi che è in essa dei più disparati soggetti, superiore anche alle opere greche (10). Giacché la è dibatti, com'egli stesso la chiama, una enciclopedia. Erano trentasei libri, preceduti da una dedica a Tito, dell'anno 77 dell'èra volgare, e da un sommario del loro contenuto; oltre a che, ciascun libro era preceduto da un indice delle fonti a cui è at+ nta la materia contenutavi. Posteriormente, cotesti indici delle fonti furono raggruppat insieme, e unitamente al detto sommario e alla dedica vennero a costituire un altro de' libri, il primo, onde il numero complessivo di essi libri salì a trentasette. E forse lo stesso Plinio juniore fu autore di questa lieve mutazione, per ciò che, mentre il vecchio Plinio parla, nella dedica a Tito, di trentasei volumi, il nipote dice, nell'Epistola più volte citata ove enumera le opere dello zio, ascendere essi a trentasette.
Ad ogni modo, il secondo di questi contiene una descrizione matematica e fisica dell'universo; il terzo, quarto, quinto e sesto, la geografia; il settimo, la antropologia e la fisiologia umana; i quattro seguenti costituiscono la zoologia, trattando l'ottavo de'marnane, , il nono dei pesci, il decimo degli uccelli^ l'undecimo degli insetti e degli scarafaggi, con l'aggiunta poi di alcuni cenni di anatom i e fisiologia comparata; i sedici libri appresso svolgono la botanica, cioè dire il tredicesimo tratta delle piante esot die, iì quattordicesimo e il quindicesimo delle piante fruttìfere, il sedicesimo gli alberi selvatici, e fa un cenno di botanica generale, il diciassettesimo discorre dello alzamento degù alberi, il deeimottavo e il decimonono delle biade> Ta.ma.gni e p'Ovidic. Letteratura Romana