518U LIBRO SECONDO. — PARTE II — RACCONTO. I PROSAToRL
De animi tranquillitate ad Serenum intende a mettere in chiaro con quali mezzi conseguasi il riposo e la saldità dell'anima. È uno scritto ove l'ordine non brilla troppo ; il che però è consentaneo al modo come esso è condotto, chè ha più l'aspetto d'una lettera che di una trattazione filosofica exprofesso.
Ad Sei enum nec injuriam nec contumeliam aecipere sapientem ò il titolo che nel più antico codice, il milanese, porta uno scritto altrove intitolato: De constantia sapienlis, seu quod in sapientem non cadit injuria. Dove trattasi della costanza che, pur nelle più dure vicende della vita, deve serbare il filosofo. Ne' manoscritti suol tener dietro al De Providentia, del quale anzi alcuni di quelli il designano come il liber secundus', ma in realtà esso pare piuttosto una continuazione del sopraccennato libro De animi tranquillitate.
Soltanto il primo libro e parte del secondo abbiamo dell'opera importante De Clemenlia ad Neronem Caesarern. Dall'introduzione rilevasi che Seneca la scrisse nel secondo anno dei regno di Nerone, cioè quando costui lasciava ancora appiglio a buone speranze e non ancora parea ironia rivolgersi a lui nel lodare la clemenza. Se l'opera sia rimasta interrocta, ovvero solo ne sia andata perduta per noi la continuazione, mal si potrebbe determinare.
Spesso messo assieme con la Consolatio ad Polybium, di cui si è già fatto cenno, è il De brevitate vitae ad Paulinum, circa il buon uso da fare del tempo, per sempre più andarsi fortificando nella saggezza, fine supremo dell'uomo. Se vi sono in quest'opuscolo alcune cont.vadizioni con le altre opei e di Seneca, non sono però tali da non potersi spiegare altrimenti che con l'attribuirlo ad altro autore. La persona a cui esso è indirizzato non ci è nota per altra via; forse era un parente della seconde moglie (Paulina Pompeia) di Seneca; ad ogni modo poi, aveva avuto una carica, e se n'era dovuto ritrarre e darsi alla filosofia morale.
Lo scritto De vita beata ad Gallionem concerne un soggetto molto dibattuto tra gli Epicurei e gli stoici. L'autore sta per la dottrina stoica, che cioè senza virtù niuna vera felicità vi sia nella vita, ma accorda anche ai beni secondari, la salute, la ricchezza e via via, tanto valore da meritare che airi si sforzi di conseguirli. Con che egli viene a fare una indiretta difesa sè stesso contro le accuse che gli eran d' ordinario mosse, che nella pratica delia vita lasciasse dapparte lo stoicismo e si desse a proseguir beni affatto mondani, principalmente la ricchezza. Di questo scritto mancaci il fine.
Ci manca invece il principio, e buona parte anche del séguito, di quello scritto che all'ultimo da noi accennato suole tener dietro ne'manoscritti, e che ad ogni modo ad esso riconnettssi per il contenuto, vale a dire il De ozio ad Serenum.
Ad Ebuzio Liberale son diretti i Vìi libri De Beneficiis, estesa trattazione circa il modo di beneficare e circa i doveri di chi accorda e di chi riceve il beneficio Non ci è un ordine perfetto, e spesso c'è troppa mancanza di concisione; ma v'è esempi in quantità, che offrono come tanti riposi allo spirito del lettore, e la abbondanza stessa dell'opera non è spiacevole. La fine pare un po'tronca.
Le Episioiae inorai es ad Lucilium son centoventiquattro, distribu ;e ne'manoscritti in venti libri. Altri successivi libri pare siano andati perdut' per noi, giacché Glellio (1) trae alcuni giudizi letterari del nostro filosofo da un libro ventiduesimo. Furono lettere destinate alla pubblk tà, e i primi tre libri furon pubblicati dall'autore stesso. Sono naturalmente la più larga fonte di cui si disponga per la conoscenza delle dottrine e delle qualità personali dell'illustre scrittore.
L'Apocolohyniosis fu scritta dopo ia morte di. Claudio. Morto un imperatore, se