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Storia della Letteratura Romana

Cesare Tamagni
Francesco Vallardi Milano, 1874, pagine 590

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a cura di Federico Adamoli

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   CAPITOLO Y. — I FILOSOFI. 515
   (25) Vedi Cic. De off. II, 9, 31: nunc dicamus de gloria, quamquam ea quoque de re duo suut nostri libri Cfr. ad Att, XV, 27, 2; XVI, 2, 6, 6, 4; Gellio XV, 6, 1.
   (26) Epist. XY, 1„
   (27) Vedi nella Rivista italiana dì scienze, lettere ed arti; Milano, a I.° faso.2~°, l'articolo del D'Ancona: TI maestro del Petrarca.
   (28) Ad Att. XV. 13,6,
   (29) Ad Att. XVI, 11, 4.
   (30) Ibidem.
   (31) De off. I, 2, 6.
   (32) Prova della grande diffusione che il libro ottenne è il numoro non inditìerenòe — passa i trenta — di manoscritti che ce ne sono rimasti; i quali van distinti .n due classi; alla migliore e più antica spotta un codice ambrosiano, del s. X, uno di Bambergu pur del s. X, due di Berna, pur del X, e uno pur di Berna uel XIII secolo e uno vaticano del s. XII. Edizioni ve n'ha molte, o a part.3, o degli Uflicii uniti ai Paradossi, o ad altre opere filosofiche di Cicerone. L'edizion principe ( coi paradossi ) è di Magonza del 1465; un'edizione abbastanza bene annotata per le scuole tedesche è quella di Heine ( Weidmann 3.a edizione ).
   (33) - Da Carisio (208, 15 seg. ed. Keil ) e da qualche altro.
   § 08. L. Anneo beneca.
   .4) Vita.
   L. Anneo Seneca nacque figlio secondogenito di Marco Anneo Seneca il retore, a Cordova, verso il 745 od in quel torno La madre sua fu JSuVia\ e la sorella di questa, che fu poi moglie di Vitrasio Pollione, stato sedici anni prefetto dell'Egitto, ebbe verso di lui cure materne, com'egli stesso dice (1). Presto i parenti suoi vennero a Roma, e che nostro futuro filosofo fosse quivi di certe all'epoca della morte di Augusto, rdevas. da alcune sue parole nelle Quaestiones naturales (2) ove dice; « vi-dimus circa Bivi Augusti excessum simile prodigiuni; vìdimus oo tempore, quo da Sejano actum est, ecc. », nel qual passo il vidimus non c'è nessuna ragione di non prenderlo nel suo senso più ovvio e più proprio.
   Suoi maestri in Roma furono i filosofi Attalo e Sosione ; ed ei fu anche in relazione con Papiric Fabiano e con Demetrio. Secondo l'uso di quei tempi si mise dapprima nella carriera forense, ma se ne stancò. « Modo causas agere coepi », dice egli (3), « modo desìi velie agere, modo desìi posse ». Sotto Caligola ottenne la questura, per intercessione di sua zia, donna così timida che pareva avesse paura persino di parlare o di salutare alcune in modo franco, ma che si fece forza e coraggio per la gran voglia di compiacere il nipote (4). Caligola lo prese a odiare, e per poco non lo fece morire. Ma neanche dopo la morte di quell'imperatore e la successione di Claudio potè 3gU aver pace ; giacché nel primo anno del regno di esso Claudio, si trovò avviluppato, per opera della famosa Messalina, in un processo ; ed essende mandata in bando la più giovane figlia di Germanico, e sorella di Caligola, Giulia LLvilla, fu cacciato anche Seneca, come di lei drudo (5). Egli se ne andò in Corsica, donde non tornò a Roma.se non cito anni dopo (40 di C.), allorché Agrippina ottenne a lui il perdono e il conferimento della pretura, e, quel che è più, l'incarico pi educare il figlio Nerone (6). Ma Dione Cassio : che in generale vede poco di buon occhio il nostro filosofo, va un po' malignando sulle costui relazioni con Agrippina, e nota con acre compiacenza che l'esilio non era proprio bastato a guarir colui del suo solito vizio.
   Due mogi ebbe Seneca ; dalla prima, onde ignoriamo il nome e la nascita, ebbe un figlio, che presto perdette; daila seconda, Paolina Pompea, fu accudito fino agli ultimi suoi giorni di vita.
   Essendo Nerone stato suo discepolo, quando questi Pali al trono, Seneca ebbe