510U LIBRO SECONDO. — PARTE II — RACCONTO. I PROSAToRL
Nel 709, per consolarsi della morte della sua cara figliuola Tullia, scrisse, sulla scorta di Crantore, che avea scritto mpì nénSou?, e di altri greci, una Consolatio s. de luciu minuendo (6\ Ma non ne restano che dei frammenti, essendo una falsificazione quella Consolano Cìceronis, che fu pubblicata il 1583 a Venezia.
Nella filosofia propriamente detta esordi Cicerone coWIlortensius (7), che a S. Agostino valse d'eccitamento allo studio del'a sapienza (8). Si ha nuove di quest'opera sino al secolo decimosecondo, dopo del quale non se n'ha più traccia, non restandone ora che pochi frammenti.
Nella prima metà del 709 compose e dedicò a Bruto cinque libri De ftnibus honorum et molorum, ove tratta delle varie dottrine circa il sommo bene e il sommo male, con una accuratezza di forma assai maggiore che in altre o forse che in tutte l'altre sue opere filosofiche. In tre dialoghi 3l modo aristotelico, disputa egli da protagonista del dialogo, con altri personaggi già morti, presi a rappresentanti di una 0 di un'altra scuola filosofica. Nel primo dialogo (libri le II), supposto avvenuto l'anno di Roma 704, combatte l'epicureismo, rappresentato da L. Manlio Torquato; nel secondo (libri III e IV) supposto avvenuto l'anno 702, contro Catone juniore, propugnatcr dello stoicismo, Cicerone dimostra non differire questo sostanzialmente dalla dottrina di Antioco di Ascalona; nel terzo (V libro), che si pone nell'anno 675, egli objetta contro la dottrina academica e peripatetica rappresentata da M. Pupio Pisone. Cicerone in verità non beve molto alle fonti più antiche ed alte, bensi alle minori e più recenti, a Fedro, per esempio, a Crisippo, ad Antioco, a Cameade; che è il solito vif.io di Cicerone, ma che tuttavia rende per un altro verso più preziosi i suoi scritti, come quelli in cui si trovano lo spoglio di autori secondarti, le cui opere sono andate affatto perdute (9).
Come il De fìnibus tratta della più alta questione etica, così della più alta questione speculativa, della dottrina della conoscenza, trattano gli Academica:. In origine quest'opera fu composta nel 709, in due libri, intitolato l'uno da Q. Lutazio Catulo, l'altro da L. Licinio Lucullo, principali interlocutori del dialogo, al quale partecipavano anche Ortensio e Cicerone. Ma dopo, istigato da Attico, il quale gli fece osservare che Varrone doveva ben aversi a male di vedersi sempre lasc ato filo'0 da Cicerone, quante volte avesse questi dedicazioni da fare di opere sue, prese a fare una nuova redazione degli Academica, in quattro libri, dedicata a Varrone, con trattazione più piena ed abbondante del soggetto, e con mutazione di alcuni dei personaggi interloquenti, affidando a Catone e a Bruto la parte prima di Catulo, Lucullo, Ortensio. Or, siccome la prima redazione era già alquanto divulgata, a noi son giunte entrambe le redazioni, ma in modo difettivo, avendosi il secondo libro (Lucullo) della prima redazione, e della seconda una parte del libro primo. In quello, Lucullo espone la dottrina academica della conoscenza secondo Antioco, alla, quale è contrapposta quella di Filone ; in questa, Varrone espone la dottr'na dell' antica academia nella sua approssimazione allo stoicismo, e Cicerone fa seguire quella del-l'academia nuova, 0 meglio farebbe seguire, chè dopo poco il testo ci manca (10).
Tra la fine del 700 e il principio dei 710 scrisse i cinque libri Tusculanarum dispvtationum, dedicati a Bruto. Sono in forma di dialogo alla maniera socratico-dialettica, vale a dire in maniera che, posta una questione, vi si attacchi, in riga di risposta, una lunga esposizione. Si finge tenuto il dialogo là dove fu anche scritto, nella Villa tusculana cioè, donde trasse il nome. Nel primo libro dell'opera, che tutta intera mira a dichiarare il modo del viver felice, trattasi del disprezzo della morte; nel secondo, di tollerare il dolore, nel terzo, del modo come lenire il tormento dell'animo; nel quarto, delle passioni e del ccme dominarle; nel quinto, dimostrasi che la virtù sola può far l'uomo felice (11). Ed è forse quest'ultimo il libro meglio riuscito. La materia è presa quasi tutta dagli stoici greci, da Crisippo in