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Storia della Letteratura Romana

Cesare Tamagni
Francesco Vallardi Milano, 1874, pagine 590

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a cura di Federico Adamoli

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   440 libro secondo. —¦ parte i. — i poeti.
   segnamento sul suo consolato, quindi è possibile che egli ci giurasse o spergiurasse su, prima ancora d'arrivarci, ben prima quindi del 707. Inoltre quanto accadde fra il 702 e il 705 avrebbe dovuto offerire larga materia agli epigrammi di Catullo, eppure niun vestigio di questi si tròia. Onde saremmo inclinati a crederlo morto poco dopo il 700 d. R.
   (1) Vedi Epist. ad Mani.
   .... Romae vivimus, illa domus;
   Illa mihi sedos, illic mea carpitur aetas.
   (2) Carm. 28 e 10.
   (3) V. Carm. 29, 57, 54, 93 Cfr. Svetonio, Caes. cap. 73. Cfr. Schwaoe, Quaestioues Catulliane, Gissae 1862, pag. 182-239. Ed anche Ploitner, Catulls Gedichtc an und iiber Caesar und Mamurra kritisch behandelt, Speier 1849.
   (4) Amor. Ili, A, 61 sogg.
   (5) 113, 2.
   (6) c. 52: solla in curuli Struma Honius sedet, per consulatum peierat Vatinius,
   (7) In Vat. 2, 6; 6, 11.
   B) OrERK
   La raccolta che oggi ne abbiamo, contenente 11G componimenti, fu fatta da Catullo medesimo e dedicata all'amico Cornelio Nepote, a quanto pare nell'anno 700. Non tutte le poesio prima pubblicate alla spicciolata furono da Catullo messe in questa sua raccolta, giacché presso alcuni antichi sussistono citazioni di luoghi catulliani, che nella detta raccolta non si trovano punto. Sono anche in essa contenute le poesie di una prima maniera, d'imitazione alessandrina, quali in ispecie il carme epico sulle nozze di Peleo e Teti (n.° 64) che forse è traduzione da Callimaco, e che ha una certa frequenza di versi spondaici e di alterazioni. Alla stessa categoria vanno ascritte la traduzione dell'elegia di Callimaco sulla chioma di Berenice (n.° 66), l'epitalamio tradotto su quello di Saffo (n.° 62), 1' epistola in metro elegiaco a Manlio (n.° 68 a) ed alcune altre. L'Attis (n.° 63) pel suo contenuto mitologico e per certe composizioni arcaistiche di vocaboli s' attiene alla prima maniera, mentre d' altro canto accusa un notevole progresso artistico per perfezione di forma e pel sicuro maneggio del metro galliambico. Ma le poesie poi schiettamente liriche e le giambiche sono assai fei cernente scevre d'ogni sfoggio di dottrina mitologica od altro, e riescono una immediata e vivace espressione dello stato dell'animo del poeta, quale che ei si fosse, amorevole od avverso, gentile o trivialmente risentito ed inasprito. Notevole di molto è l'Epitalamio per Mani ) Torquato (n.° 61).
   La disposizione delle poesie nella raccolta dal poeta stesso fatta è tale, che le poesie più amp;,i occupino all'incirca il posto di mezzo (n.' 61-68), e prima di esse abbian luogo le poesie propriamente meliche e giambiche, coliambi, strofi saffiche, endecasillabi e ria via, e dopo invece le piccole poesie elegiache, gii epigrammi.
   C) Bibliografia.
   Codici.
   Tutti mettono capo a un solo archetipo da lungo tempo perduto. Esso fu riprodotto nel codice della Capitolare di Verona nella prima motà del secolo decimo. 11 codice veronese smarritosi per un pezzo rivenne a galla a' primi del trecento, e ben quarant'anni dopo fu ricopiato, per perdersi poi novellamente. Il più antico e il miglior mss., e il solo di cui la dirotta derivazione dal codico veronese sia certa, è il Sangermanense dell'a. 1375, mentre di un'altra settantina di msp. le connessioni col codice voronese non sono preci-