434 libro secondo. —¦ parte i. — i poeti.
metri, i quali alcuni han voluto attribuire ad Olimpio Nemesiano od a Grazio, senza fondamento. Ad ogni modo che Ovidio seri/esse una tal opera, e nell'esilio, risulta da Plinio, che nella St. nat. (XXXII, 5) dice: « mihi videntur mira et quae Ovidius prodidit pisciura ingenia, in eo voluinme quod Halieuticon inscribitur » e più giù (ibid. 51): « his adiciemus ab Ovidio posita nomina, quae apud nera.ueiD alium re-penuntur; sed fortasse in Ponto nascuntur, iibi id volumen supremis suis temporibus inehoavit » (5).
V. 1 Fasti, Son sei libri, indirizzati a Germanico, dove in metro elegiaco e in forma più che altro narrativa, si dà il calendario delle feste dei primi sei mesi dell'anno, con considerazione degli astri relath , e con intramesse storiche e mitologiche , che fortunatamente per noi si riferiscono assai spesso agii usi religiosi italici antichi. La riforma del calendario impresa da Augusto verso il 755 d. R. sembra aver dato occasione a questo poema, che Ovidio poi interruppe forse per colpa dell'esilio, e non compi, aggiungendovi la trattazione degli altri sei mes come avrebbe pur voluto fare. Oltre d'aver forse attinto a qualche fonte greca ed alessandrina, Ovidio deve aver certo usufruito degli antichi annalisti romani, e cosi degli scrittori di soggetti astronomici e cronologici, non meno che delle opere sulle antichità e sulla religione romana. È caduto in qualche errore, ina soprattutto nelle cose astronomiche e matematiche, dove per la difficoltà che gli faceva 1 indole della materia egl> frantese non di rado i suoi autori (6).
(1) Il poeta.stesso non la cita veramente che col semplice titolo di Ars. V. Trist, II, 240, 251, 303, 345; V, 12, 68; Ex Pont. II. IO, 12; II, 11, 2; II, 9, 73, 76; Ib. 6.
(2) Masson, Vita Ovrid. ad ann. 752; Jahn, de Ovid. et Sabini Epist. p. 4-7; Loers, Proieg. ad Ovid. Heroid., p. LXXVIII.
Quanto ai codici si vegga, per questa e per le opere che tosto dovremo rammentare Merkel nella sua ediz. delle Opere d'Ovidio, Prefaz. T. I, p. Ili sgg. — Le edizioni notevoli sono quella, col commento di B. Merola, Venezia 1494; quella di Wernsdorf, (Ovid. Amatoria) Helmst. 1788, 1802, voi. 11; quella di Jahn (Ovid. Op.), v. I, p. 351 sgg. — Traduzioni tedesche son quelle di Adler (Lipsia 1843); di Hiìrtzberg (con eccellente introduz. e note, Stuttgart , 1354) e di Griepen (Lipsia 1856). — Per le traduzioni italiane veggasi il Pai-toni, II, pag. 82-85; l'Argelati, III, p. <156-160; il Federici (Degli scrittori latini e delle italiane versioni delle loro opere, Padova 1840), p. 80-86.
(3) V. Masson e Jahn, scritti citati. Per le edizioni ci riferiamo alle citazioni fatte per l'opera antecedente. Traduzioni tedesche diStrombeck (Braunscbweig, 1796,1829), di Schluter (Lipsia 1796), di Hertaberg (Stuttgart, 1855). Per le traduzioni italiane veggasi Paitoni II, 85-87, Argelati, III, 160-163.
(4) Ovidio stesso vi accenna nell'Ars. Am., Ili, 205 così:
Est mihi, quo dixi vestrae medicamina fovmae, Parvus, sed cura grande liòeì.lus opus.
(5) Edizioni: — (cum Gratio, Nemesiano ctc.) ed. G. Logus. Venetiis in aedibus Aldi 1534 — (cum Gr. Nem. et Calpurnio) ed. et illustr. J. Ulitius, Lugd. Batav. 1615 (1653) — (c. Gr. et Nem. Cynegett.) ree. Haupt, Lipsia 1838 — A Zingerle, de Hai. fragmento Ovidio non abiu-dicando, Verona 1865.
(6) Per i codici, sono da rammentare specialmeute i due mss. vaticani (nr. 1709 e 3262) dell'epoca carolingica. Una collazione di un mss. Hamburghese ci dà Binsfeld, Quiaest. Ovid. crit P. II. Colonia 1855.
Per le edizioni speciali son notevoli quelle di Venezia, 1485, 1502; di E. Puteanus, Antverp., 1639; di Schrevelius, Londra 1699; di Taubner, Lipsia 1747-49, II, voi., di Gierig, Lips. 1812, 1814; di Merkel, Berlino 1841. Traduzioni tedesche di Motzger e diKlussmaun, edite entrambe a Stuttgart; in italiano v'è la traduzione di Vincenzo Cartari Reggiano (Venezia, 1551, ecc.).