capitolo iv. — i poeti didattici. 431
Oltre queste citazioni debbonsi pure riferire ai libri didascalici altri passi o notizie da lui dute in cose teatrali, di cui gli autori latini fanno menzione. Tale è un passo di Ci; cerone nel Bruto (XVIII, 72) dove è ricordato un grave error suo di cronologia, per il quale la venuta di Livio Andronico in Roma viene ritardata di trent'anni, e posta nel 557 la recita della prima tragedia palliata, fattasi, come ognun sa, nel 514. Tal. sono pure l'altro passo di Cicerone (Bruto LXIV, 229.), e il passo che Aulo Gellio (III, 3) toglie Jaj libro I dello scritto di Varrone intorno alle commedie Plautine. Questo è quello che sap. piamo dei libri didascalici di Lucio Azzio, i quali non dovettero essere monumento ai esattezza storica per poco che vi fossero altri errori come quello che fu avvertito e giustamente censurato da Ci eroxie.
(2) Di lui Aulo Gellio cita (XVII, 21,45) i due noti tetrametri trocaici catalettici sulle origini della poesia romana, (XIX, 9 , 13) un epigramma di due distici, dove si dice che l'uomo è il fuoco. Abbiamo i noti settenarii trocaici contro Terenzio che ci furono conservati da Svetonio nella vita dì questo poeta.
§ 43. Tito Lucrezio Caro»
Della vita di Lucrezio quasi nulla si sa. S. Girolamo nella cronaca d'Eusebio all'a. d'Abr. 1923 = 660 d. R. annota: « T. Lucretius poeta nascitur. Postea amatorio poculo in furorem versus, cum aliquot libros per intervalla insaniae con-scripsisset, quos postea Cicero emenda1 t, prop ìa se manu interfecit anno ae-tatis XLIV ». Le quali parole indicherebbero doversi la vita di^ Lucrezio contenere tra il 660 e il 703-4 d. R. Se non che nella « Vita di Virgilio » di Donato è detto ohe Virgilio « XV anno virilem togam cepit, illis consulibus iterum quibus natus erat (cioè il 669, essendo consoli la seconda volta Cn. Pompeo e M. Licinio Crasso), e ver tque ut eo ipse die Lucretius poeta decederet ». Il che, volendo attenersi al dato della Cronaca d'Eusebio, che Lucrerò campasse XLIV anni, riporterebbe la nascita di lui indietro fino al 655-6 d. R. — Quanto alla sua famiglia nulla si sa. Quanto al suicidio, alla pazzia procuratagli dal filtro, e all'aver composto il suo poema nei lucidi intervalli di quella, è evidente che si tratta di dati leggendarii, sotto i quali è difficile dire cosa vi possa essere di vero, e che è facile invece pensare come si sieno formati sotto l'inriusso dell'idea che Lucrezio fu un ateo e un v apostolo d'empietà. La fantastica supposizione che da taluno fu avanzata, che in quella leggenda sia simboleggiata la morte venuta al poeta dalla penosa scoperta dell'amaro vero, non regge a considerarla in uno stato di mente tranquillo e serio. Come lo amaro spettacolo del vero avrebbe ucciso quel Lucrezio che scrisse un lungo poema per divulgare e dimostrare esso vero? Avrebbe egli fatto un patto con la morte perchè gli lasciasse almeno tanto tempo da ammannire anche agli altr il veleno delia verità? Avrebbe segnata una carni ale di morte con la scadenza a poema finito? E non è poi un anacronismo riferire un sentimento di quella specie quasi leopardiana a tempi pagani?
Il poema « de rerum natura » non si può dire sia stato disprezzato, ma neppure in vei tà è stato eccessivamente lodato e citato. Cicerone, gran 'citatore di poel arcaici, non ne riporta mai un verso! E non senza freddezza lo rammenta in una lettera al fratello Quinto, dell'anno 700 d. R., dicendo: « Lucretii poemata, ut sci bis, ita sunt; multis luminibus ingenii, multae etiam artis (i più però hanno lumen, non già etiam; ed inoltre l'Ernesti, l'Ordii ed altri prepongono a multis luminibus un non, mentre Bergk, Purmann ed altri prepongono non a multae tamen artis). Sed cum ad umbilicum veneris (cosi legge Bergk invece del solo cum venerìs, che Hertz legge cum fìnieris) virum te putabo; si Sallus i Empedoclea legeris, hominem non putabo (1) ». Nonostante le incertezze di questo testo, quel che è certo è che di Lucrezio vi si dà un giudizio agrodolce. Dalle parole « ut scriàts » che sono a principio di questo testo e dalle parole sopra riferite di Girolamo « quos (libros Lucretii) postea Cicero emendavit, si è dal Lachmann dedotto