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Storia della Letteratura Romana

Cesare Tamagni
Francesco Vallardi Milano, 1874, pagine 590

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a cura di Federico Adamoli

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   capitolo iii. — i poeti satirici.
   423
   § 40. Poeti satirici Minori* — Giulio Floro, 'iTurno, Giulio Rufo, Tetradio e Bscio
   A Giulio Floro scrisse Orazio la terza epistola del libro I, e la seconda del libro II, ed il passo di Porfirione, dove si dice che fu scrittore di satire, può forse essere inteso così che egli abbia ripulito ed adattato all'uso dei suoi contemporanei lo migliori satire di Ennio, di Lucilio e di Varrone (1).
   Turno è nominato in due luoghi da Marziale, poi da Rutilio Namaziano, da Si-donio Apollinare e da Lido Lo Scoliaste di Valla a Giovenale dice che di nascita libertino sai! ai più alti onori e fu potente alla corte di Tito e di Domiziano (2),
   Giulio Rufo è nomi iato una volta da Marziale, ma non si capisce se lo faccia autore di satire oppure di drammi satirici (3).
   Tetradio e Decio sci isserò satire nel IV secolo dell'era volgare. Quegli fu scolaro di Aufunio, questi amico di Rutilio Namaziano (4).
   (1) In Porfirione sì legge: « Fuit saturarum scriptor cuius sunt electae ex Ennio, Lucilio, Varrone ». La congettura da noi surriferita è di Weickert (poetae latini minores, pag. 366 ecc.).
   (2) Marziale e XI. 10 e VII 97. — Rutilio Numaz'ano I. 603. — Sidonio Apollinare, IX. 266. — Lido, De magistratibus I. 41. — Lo scoliaste di Valla a Giovenale (T. 20j. Turnus hic libertini generis ad honores ambitione provcctus est, potens in aula Vespasianorum Titi et Domitiani.
   (3) Marziale X. 99.
   Si Romana forent haec Socratìs ora, fuissent Julius in Satyris qualia Rufus habet.
   (4) Vedi Ausonio Epist. 15, e Rutilio Namaziano Itin. I. 559-606,
   § 41. Sulpicia.
   Da quella Sulpicìa, d: mi gli amori con Cerinto son cantati in alcune elegie attribuite a Tibullo, bisogna ben distinguere la Sulpicia, moglie di Galeno, vissuta al tempo dell'imperatore Domiziano, menzionata in due epigrammi di Marziale (1), il quale ne magnifica la coniugale felicità e ne loda i versi spiranti affetto tenero e pudico. Questi versi sono andati perduti (2); ma corre sotto il nome di « Sulpiciae Satira » o « Ecloga », con l'aggiunta « de edicto Domitiani, quo Philosoplios urbe exegit » o altra consimile, una poesia di settanta esametri, in forma come di un dialogo fra la poetessa e la musa, in cui iainentansi le tristizie dei tompi e l'inettezza dì chi governa
   Cotesta satira fu la prima volta pubblicata a Venezia nel 1498 insieme con versi latini di alcuni poeti italiani d'allora, e datavi come procedente da un testo scoperto da Giorgio Merula, morto circa quattr'anni innanzi, primo editore di Plauto, Marziale ed altri classici. Se ne fecero poi varie edizioni o a parte o assieme ad altri poeti, e fu comentata e ridotta a miglior lezione da parecchi dotti ; e fu variamente giudicata, ritenendosi da alcuni per cosa assai dappoco. Anzi l'olandese Boot, studiatala accuratamente (3), Ja trovò addirittura indegna dell'età a cu si riporta. Vi notò sproporzione di parti, slegatura molta, difetto di prosodia; errori stoi'ci, sin: tudini improprie, barbarismi, novità di locuzioni, e una pressoché enigma! .ca oscurità di concetti. Di più egli osservò non trovarsi nessun codice che la contenga, essere una favola quella dell'editore veneto che n'attribuisce la scoperta al Merula, giacché l'edizione d'Ausonio, fatta nel 1497 in Milano dallo Scinzenzeller con prefazione di esso Merula, non contiene la favola di Sulpicia, che pure probabilissimamente avrebbe riportata se davvero il Merula l'avesse scoperta; finalmente essere al tutto infondato il sospetto di Burmann e di altri, che la detta sa-