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Storia della Letteratura Romana

Cesare Tamagni
Francesco Vallardi Milano, 1874, pagine 590

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a cura di Federico Adamoli

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   capitolo iii. — i poeti satirici.
   415
   brevi pagine i più utili precetti dell'umana sapienza, e condirli di tanta piacevolezza e bonomia. Disse il vero ridendo: e le vie del cuore non s'aprono esse tuttavia più facilmente al riso che ai fieri rabbuffi ed alle austere declama; oni? (3).
   (1) Delle satire e delle epistole s'è discorso nel § 15, lag. 188-196. Che ei le chiamasse e giudicasse, per la ragion sopraddetta, sermones si raccoglie da parecchi luoghi delle satire (I. 4, 42, 56. II. 6, 17) e delle Epistole (I. 4, 1, li. 1, 4. 250. II. 3, 950); come il nome di Satira applicato alle prime appar chiaro in due luoghi: nel primo,verso della prima satira del secondo libro, colla quale vuol difendersi d'essere nel satireggiare troppo acerbo :
   Sunt quibus in satira videor nimis acer et ultra Legem tendere opus.......
   ed ancora nella sesta (v. 16-;7):
   Ergo ubi me in montes et in arcem ex urbe removi, Quid prius illustrem satiris musaque pedestri?
   (2) Le testimonianze intorno alla fama d' Orazio presso gli antichi si possono vedere nello scritto di Giacomo Leopardi (Ed. Lemonnier. Voi. 3, pag. 126); 1'error del quale dipende tutto da una falsa interpretazione delle parole di Frontone; e P. Giordani l'ha bene avvertito. I versi di Persio sono nella prima satira (116, ecc.) :
   Omne vafor vitium ridenti Flaccus amico Tangit, et admissus circum praccordia ludit, Callidus excusso populum suspendere naso.
   11 giudizio di Quintiliano nel libro X (1, 94):
   « Multum est tersior ac purus magis Horatius, et ad notandos hominum mores prae-cipuus. » Giovenale lo nomina nella prima satira (v. 51):
   Ilaec ego non credam Venusina digna lucerna?
   (3) Notando un per uno i difetti di Lucilio per avvertire i suoi contemporanei che avean torto di levarlo, corno facevano, alle stelle, Orazio ci dice in brevi e chiare parole come da lui fosse intesa la satira, sì rispetto all'arte, sì rispetto al fine che con essa si voleva conseguire (Sat. I. 10, 7-15).
   « . . . . Non satis est risu deducere rictum Auduoris; et est quaedam tamen hic quoque virtns; Est brevitatc opus, ut eurrat sententia neu so Impediat verbis lassas onorantibus aures; Et sermone opus est modo tristi, saepo jocoso, Defendente vicem modo rhetoris atque poetae, Interdum urbani, parcentis viribus atque Extenuanl.j eas consulto. Ridìculum acri Fortius et melms magnas plerumque secai res. »
   Sulla Satira Oraziana dei molti che ne scrissero, sono da vedere principalmente:
   Dan. Steinsius De Satira horatiana libri II. Lugd. Bat. 1612. — Manso nei Nachtriigen zu Sulzer. IV, pag. 446,'dove si fa anche un ragionatissimo paragone di Orazio con Lucilio. — W. Teuffel. Charakteristik des Rforaz. Leipzig 1842. — H. Berning, de satirica poeti Ho-ratii collata cum Juvenalis, Rccklingsliauson 1843. — F. k. Beek, iiber das Wesen der horazischen Satire, Giessen 1859. — C. J. Eolia, de Horatio et Juvenale satirarum aucto-ribus. Freiburg 1861. — Grothof. Horaz als Satiriker. Heiligenstadt 1863. — E. Szelinski. de nominibus personarum .... apud poetas satiricos romanos. Kònigsberg 1862. — dementino Var.netti Osservazioni intorno ad Orazio. Lugano 1852. — Atto Vannucci. Studi storici e morali sulla Letteratura latina. Torino Loescher 1371, pag. 336 ecc. — C. Tamagni. Studii Oraziani. Milano Politecnico 1866, parte III.
   Del titolo dato alle Satire ed alle Epistole scrive ancora lo scoliasta: Sei'monum libri ideo dicti quia vili sermone potius quain tinnenti sive quia ad praesentes scribuntur. Epi-stu'.is enim ad absentes loquimur, sermone cum praesentibus quamvis igitur hoc opus Sa-