360 libro secojndo. — parte i. — i poeti.
serie di fatti chiarissimi. Come son questi per esempio: Che nelle Satire, negli Epodi (ed anche nel primo libro dei Carmi) vi si nomina sempre Cesare non mai Augusto, il qual nome fu dato al principe solamente nel 727; elio nelle Satire e negli Epodi il poeta si chiama giovane, e (lice essere venuto in fama per le sole satire, senza far menzione delle poesie liriche; che nelle altre poesie, chi ben la consideri, i progressi dell'età si riconoscono chiaramente dalla maggiore gravità e castigatezza dei pensieri come alla perfezione della forma.
Vedi ad esempio la Vita di Orazio (pag. 16-17) premessa alla edizione di Dillenburger. Bonn 1860.
(2) Nei manoscritti le poesie d' Orazio si succedono generalmente così come son date nelle edizioni, cioè: i quattro libri delle Odi, gli Epodi, il Carme secolare, le Satire, e le Epistole. Solo l'arte poetica non vi ha un posto stabile ; perocché in alcuni manoscritti viene suDito dopo gli epodi ed il carme secolare, in altri tra le satire e le epistole. Dal che pos^ siamo arguire, che venuta ultima alla luce Orazio non ebbe tempo di assegnarle il suo posto. Oggi è generalmente l'ultima delle tre lettere del secondo libro.
C) LE SATIRE E I
Le Patire e le Epistole furono da Orazio dette Sermones, perchè scritte in lingua usuale differenti dalla prosa solo in grazia del verso.
........Nisi quod pede certo
Differt sermoni sermo merus......
Ma in parecchi luoghi dà chiaramente alle prime il nome che loro meglio s'addice, e quantunque colla ironica modestia dei grandi ingegni si professi più d' una volta inferiore a Lucilio non prende men risolutamente il suo posto, che è il primo tra gli scrittori della satira romana. Le Epistole, se non da lui stesso, dai suoi commentatori e dai grammatici furono cosi chiamate perchè, diversamente dalle satire, ciascuna di esse è diretta ad una persona determinata. Più che discorsi son lettere nel vero senso della parola. Il titolo d'Arte poetica, dato già da Quintiliano a quella che ora è la terza del secondo libro, fu desunto dall'argomento, ma non prov ene da Orazio che, a somig. anza delle altre, dev'essersi appagato di chiamarla l'Epistola ai Pisoni (1).
La fama di Orazio, come poeta satirico, fu già grande al suo tempo e crebbe d'età in età presso i posteri. Augusto si doleva che non scrivesse a lui pure alcuna di quelle lettere, nelle quali con tanta dottrina e tanto spirito trattava far .igliar-mente i più alti soggetti di morale e di letteratura; e dalla stessa difesa che il poeta fa in più luogiii di sè e delle sue satire contro i molti suoi detrattori, si capisce quanto maggiore dovesse, essere il numero di quelli che aridamente le leggevano e per la città e ne' crocchi, ne ripetevano i facili motti e le pungenti allusioni (2).
Persio ne espresse al vero l'immagine dicendo: ch'egli astutamente rivede i vizii all'amico suo, il quale se ne diletta e ride; che una volta ammesso ti gioca per entro ai precordi, esperto com è nel sospendere la gente all'acuto naso. Quintiliano al paragone di Lucilio, cui pur loda ed ammira, trova Orazio più terso, più puro e nel censurare i costumi degli uomini singolare.
Tra i moderni ebbe censori ed ammiratori in buon numero : ma più di questi che di quelli; ed oggimai non ci è critico di buon gusto il quale non conceda ad Orazio la palma in questo genere di letteratura. Nel quale molti sudarono per seguitarne le tracce, nessuno lì ha potuto superare. Quantunque è giusto dire che i maggiori suoi pregi derivano da una attenta osservazione dei casi umani e da uno squisitissimo buon senso. E queste son doti di privilegiati ntelletti. Egli non s'adira e non predica; perchè gli pare che i mancamenti degli uomini s ,mo piuttosto errori che colpe., e sente sè medesimo non esente dalle fralezze che negli altr:. nota e castiga. In breve pochi, per non dir nessuno, han saputo come lu raccogliere in