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Storia della Letteratura Romana

Cesare Tamagni
Francesco Vallardi Milano, 1874, pagine 590

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a cura di Federico Adamoli

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   libro secojndo. — parte i. — i poeti.
   trafiggere la sciocca turba de' suoi malevoli e de'falsi poeti, nessuno potrebbe negare che egli amasse le liete compagnie ed i geniali banchetti. Ciò era tanto conforme alla sua natura d'uomo ed alla sua qualità di poeta, che dovremmo piuttosto maravigliarci se egli avesse operato diversamente.
   Ma quant'era cordiale e largo nel bere cogli amici, tant'era parco e misurato nell'ordinario tenore di vita. So che molti sorridono increduli quando sentono lodare la parsimonia delle mense oraziane, e nominar tra i cibi prediletti del poeta le malve e la cicoria. Ma se gli credono quando manifesta sinceramente i suoi piccoli vizii, perchè non gli daranno fede dove descrive le sue modeste virtù?
   Caena brevis juvcti et prope rivum somnus in herba.
   Cosi scriveva da Roma al suo castaido l'anno 22 per dimostrargli i pregii delia campagna sopra la città, e così visse ordinariamente quando qualche grande evento o le preghiere degli amici non lo toglievano alla sua diletta solitudine (24). E in ogni modo gli anni cresciuti lo venivano persuadendo che bisognava troncare il piacevole gioco (25).
   Nec lusisso pudet, sed non incìdere ludum (1).
   A quel modo che in una serie di canzoni morali egli ci dichiara le sue idee sopra la vita e sopra la vera saggezza, cosi nelle odi politiche manifesta le sue idee politiche, e quelle che per lui erano le massime fondamentali della virtù e della sapienza civile.
   Come già mi venne fatto di osservare, Orario mostra in tutta la sua vita, come uomo e come poeta, una prepotente inclinazione alla indipendenza, la quale io rendeva avverso a cercare tanto i favori del popolo quanto le grazie dei principe. I comizii popolari e la turba dei mobili Quiriti non avevano attrattive che potessero lusingarlo. Dopoché ebbe veduto la repubblica cadere trafìtta da sè medesima, e il nome romano farsi ludibrio ai barbari, poi sotto lo scettro di Augusto tornar l'impero all'antico splendore, il republicano divenne monarchico. Nell'assoluta signoria dei Cesari egli vide la sola àncora di salvezza per Roma e il culmine della gloria che ancora poteva attingere. Egli sentì che il regno di Augusto avea non solo ricondotto la pace, ma impedita la rivincita de' barbari e la dissoluzione dell'impero. Non toccava a lui di prevedere le crudeltà e le vergogne de' prossimi successori del suo principe (26).
   Dopo otto o dieci anni di lavoro (del 724 al 731) Orazio pubblicò riunite :n un solo volume le liriche composte in questo tempo, le quali prima d'allora dovevano essere note solo privatamente agli amici, od a quelli a cui dagli amici, come si fa, fossero state comunicate e così messe in giro per la città. Ora uscivano la prima volta ordinate e col nome dell'autore. Il primo fascicolo comprendeva, secondo alcuni, tre libii, secondo altri i soli due primi, a cui non molto dopo tenne dietro il terzo. - ,
   Con questa pubblicazione Orazio conquistò quella palma poetica che era la meta de' suoi desiderii, e il tempo non ha ancora smentito la lode che egli si attribuisce nel carme che chiude il terzo libro, d' essersi eretto un monumento più durevole del bronzo.
   Exegi momumeniitm aere perenmus.
   Qui finisce il secondo e comincia il terzo periodo della sua vita poetica.
   Orazio era allora sui quarantadue o quarantre anni, incanutito anzi tempo e malaticcio. Per ristabilirsi, nell'estate del 23 andò, secondo i consigli del celebre medico Antonio Musa, ai bagni di Palestrina e di Gabio per farvi la cura delle acque
   (1) Epist. lì 14.