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Storia della Letteratura Romana

Cesare Tamagni
Francesco Vallardi Milano, 1874, pagine 590

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a cura di Federico Adamoli

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   capitolo iii. — i poeti satirici. 403
   siamo credere che Orazio non avesse già nella prima giovinezza scritto qualche carme lirico — e vedemmo che ne scrisse de' greci —= sta '1 fatto che solo a 35 anni, nella piena maturità della mente e dell' animo, quando ai doni naturali aveva potuto aggiungere la perfezione che viene dalla dottrina e dallo studio dei grandi esemplari, agli si cimentò all' ardua prova d'aquistarsi il nome di fìclicen lyrce lamica.
   Una gran parte delle canzoni di Orazio è dedicata a celebrare le gioje di Venere 3 di Bacco, i lieti banchetti, e gli amorosi ritrovi ed è infinito il numero delle belle le quali vi fanno pompa di loro nomi.
   Se veramente queste belle furono l'una appresso dell'altra tutte amanti di Orazio, non si avrebbe torto di chiamarlo il Don Giovanni di quel tempo. Un buon frate del medio-evo termina una sua copia delle opere di Orazio con queste parole: Explici opus divini Flacci Venusinì, viri ebriosissimi, libidinosi, Epicurei volup-tuosissimi: « Qui finisce l'opera del divino Fiacco da Venosa, ubbriacone, libidinoso, epicureo voluttuosissimo.
   Cile quel buon frate abbia con questa dichiarazione voluto purgarsi, per quanto era da lui, della colpa d' aver dal principio alla fine trascritte le opere di un cosi gran peccatore com'era Orazio, è cosa possibile; in tal modo egli conciliava il suo amore verso il poeta coi doveri della religione e salvava, come si suol dire, la capra ed i cavoli. Ma il giudizio è poi vero ? Ed abbiamo noi motivo di fare così nettamente ad Orazio l'imputazione di crapulone e di libertino? Indarno avremmo purgato il nostro poeta dalla taccia di rinnegato e di codardo lusingatore di Mecenate e d'Augusto, se dovesse rimanere sotto il peso d'una colpa, cui non potrebbero anche i meno severi scusare colla necessità de'tempi e coli'esempio d'altri chiari intelletti. Se la fama d'Orazio fosse davvero macchiata di sì brutti vizii, il senso morale si rivolterebbe contro chi cercasse di difenderlo, e direi anch'io col Giusti a chi dovesse ascoltarmi: distingui l'uomo dallo scrittore: questo è notabilissimo, quello riprovevole ».
   Ma per fortuna d'Orazio e delle lettere questa divisione tra l'uomo e lo scrittore, divisione che a taluni torna commoda troppo spesso, non è punto necessaria; e si può scrivere ancora un capitolo sugli amori d'Orazio senza tema che altri troppo' schifo, o troppo arcigno, lo getti nel letamajo.
   Pertanto chi si faccia a considerare anche questo lato della vita di Orazio senza idee preconcette, subito s' avvede che se egli non seguiva appuntino i precetti di quell'austero stoicismo, che non era praticato pur da coloro che se ne dicevano maestri, non s'era nemmeno avvoltolato tanto nel brago di Epicuro da non rimanergli briciola di pudore e di dignità umana. E veramente nessuno ebbe più di lui quel vivo e delicato sentimento della natura che è la dote caratteristica degli animi retti e gentili, nessuno senti più' profondamente le gioie ed i deveri dell' amicizia, che in animo corrotto non albergò mai, e per dire una lode di Orazio che non fu degnamente apprezzata dai suoi avversarii, nessuno fu più netto de' peggiori vizii di quello e di tutti i tempi, elle sono la scellerata ambizione e 1' avarizia.
   Quanto rimane adunque d. quel cumulo di accuse? Orazio l'ha detto nella satira 4 del libro I:
   ».....ego sanus ab ìllìs,
   Perniciem quaeeumque ferunt, mcdiocribus et queis Ignoscas vitiis teneor.........
   Che nella vita del poeta Ci 3ia stato un tempo nel quale s' era dato più del convenevole alla molle inerzia, al dolce far niente, come diciam noi, è cosa che non può e^seie negata, perocché egli medesimo scrive negli Epodi ora all'uno, ora all'altro amico suo; «che infingardo oblio tiene immersi i suoi sensi in alto sonno, e che il Dio d'amore gli vieta di trarre a fine i promessi carmi (18, ». E se ne consola coli'esempio d'Anaciecnte e dell'amico stesso a cui scrive, di Mecenate che, misero, ardeva esso pure di quel languido fuoco. Quindi ci è tutt'al più permesso