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Storia della Letteratura Romana

Cesare Tamagni
Francesco Vallardi Milano, 1874, pagine 590

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a cura di Federico Adamoli

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   capitolo iii. — i poeti satirici. 401
   mette nei novero de' suoi amici. L'anno seguente Orazio l'accompagna insieme con Vario e Virgilio nel viaggio a Brindisi.
   Così Orazio divenne commensale di Mecenate, e cominciò tra il poeta satirico ed il potente consigliere d'Ottaviano, tra il figlio del povero libertino e il discendente de' Re etruschi un'amicizia che più cordiale e più durevole non fu veduta mai fra uomini d'origine e condizione tanto diversa. E le ragioni di essa si vogliono cercare in ciò che, a malgrado delle differenze sopradette, vi era di commune nella condizione, nel carattere, nei sentimenti e nelle opinioni dei due personaggi. L'antico tribuno di Bruto ed il ministro di Augusto s somigliavano assai più che a prima giunta non sembri. Orazio era figlio di un libertino, uomo novissimo, da nessuna tradizione di famiglia legato all'antico ordine di cose ; Mecenate, sebbene d' antica nobiltà etnisca, come cittadino romano era esso pure un uomo nuovo, un semplice cavaliere. Entrambi erano, quello per carattere, questo per il posto che occupava alla Corte, così lontani dal cercare l'aura popolare come dal temere le superchierie de' nobili. Orazio non aveva altra ambizione che di essere indipendente: Mecenate non desiderava altro titolo che quello di cavalier romano. Entrambi convenivano nel fare maggior stima delle doti personali e dei servigi resi alla patria, che dei titoli e de' blasoni ; epperciò potevano assai facilmente darsi la mano in un tempo quando ogni differenza di grado e di condizione era sparita davanti alla maestà dell' unico principe, e quando il merito personale valeva assai più che una lunga filza di gloriosi antenati.
   Coli'amicizia di Mecenate comincia un nuovo periodo nella vita del nostro poeta. Tolto all'umile ufficio di cancelliere e portato di balzo tra gli uomini più illustri di quel tempo, le sue opinioni come i suoi sentimenti dovettero certamente mutarsi al contatto di quella società colta ed elegante, ma nel tempo istesso molle e voluttuaria, la quale si era raccolta intorno all'uomo insigne che reggeva il cuore e la mente di Ottaviano. Quivi egli incontrò Asinio Pollione, Agrippa, Messala Corvino, per tacere d' altri suoi compagni di studio e di guerra, coi quali rinnovò 11 antica amicizia Tra questi uomini ve ne erano molti i quali, come Mecenate, sapevano accoppiare lo studio delle scienze e delle lettere colla cura degli affari di Stato. Tutti poi erano amici fedeli del nuovo ordine di cose, che principalmente mercè la saggezza di Mecenate si veniva stabilendo.
   Portato in quest'ambiente l'ant'co republicano non poteva tardare molte a conciliarsi coi suoi avversami, e l'amarezza delle patite offese doveva in lui ben presto cedere il passo alla sua naturale giovialità. La patria, lo Stato, che prima gli parevano irreparabilmente perduti, che già erano stati il suo tedio, divenivano ora più e più il suo desiderio, ed il poeta che ancora pochi anni avanti non aveva veduta altra via di salute tranne quella di dare tutti insieme i migliori cittadini un perpetuo addio alia patria (10) quel medesimo era venuto ora a desiderare e sperare che una pace durevole medicasse le ferite della Republica. Nè questo fu il solo risultato della sua famigliarità con Mecenate, giacché in quella compagnia egli dovette imparare eziandio quel senso giusto e delicato delle convenienze, quella grazia negli atti e nelle parole, che i Romani chiamavano urbanità, perchè a loro pareva propria solamente de cittadini di Roma, e che a vero dire si apprende solo frequentando e conversando con quelle persone le quali, sia per nobiltà di natali, sia per squisita coltura di spirito, sono la parte più eletta e come a dire il flore della cittadinanza.
   Amico di Mecenate non poteva Orazio star lungo tempo senza accostarsi anche ad Ottaviano, e tuttavia nel 1.° libro de'.le Satire, che egli pubblicò riveduto in un solo volume intorno a questo tempo, Cesare è nominato una sola volta e di passaggio (11). Solo dieci anni dopo la battaglia di Filippi, quando Antonio minacciava l'Italia cella guerra civile, e Cleopatra aveva osato gettare un avido sguardo sui Campidoglio, quando la cittadinanza era tutta compresa d'angoscia e di orrore al pensiero che Antonio potesse trionfare, allora la carità di patria fu in lui più forte d'ogni personale risentimento, e passò risoltamente sotto le bandiere di Ottaviano (12). Quando poi venne a Roma la. nuova della battaglia di Azsio e della fuga Tamagni. Letteratura Romana. 51