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Storia della Letteratura Romana

Cesare Tamagni
Francesco Vallardi Milano, 1874, pagine 590

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a cura di Federico Adamoli

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   360 libro secojndo. — parte i. — i poeti.
   fu della fantasia vivacissima portato ad esagerare ogni volta i proprii sentimenti, ad ingrandire oltre misura gli oggetti sia della gioja, sia del pianto, sia del biasimo o della lode. E la scuola aiutando mirabilmente la naturale inclinazione, e gli applausi degli uditori eccitandola, egli divenne lo scrittore che meglio rappresenta i pregi ed i difetti della poesia latina in questo secolo.
   (1) Sulla cronologia di questi poemetti di Stazio vedi L. Friedlànder, de temporibus Mar-tialis librorum et Silvarum Statii. Kònigsberg. 1862.
   Silvae, secondo interpreta Quintiliano, voglion dire: improvvisi. « (X. 3. 17) Eiversum est buie eorum vitium, qui primo decurrere per materiam stilo quam velocissimo volunt et sequentes calorem atque impetum ex tempore scribunt: liane silvam vocant. Repetunt deinde et componunt quae effuderant: sed verba emenilantur et numeri, manet in rebus temere congestis quae fuit levitas. » Più che un genere letterario, dinotano una maniera di comporre. E Stazio dice lo stesso nella dedica del primo libro al giovine Stella « Diu multumque dubitavi . . . . , an hos libellos, qui mihi subito calore et quadam festinandi voluptate fluxerunt, quum singuli de sinu meo prodiissent, congregato» ipse dimitterem ..
   .........Apud ceteros necesse est multum illis peroat ex venia, quum amiscrint, quam
   solam habuerunt, gratiam celeritatis. » Nella prefazione del III li dice: libellos subito natos.
   In versi falecii I, 6, li, 7. IV. 3. 9. in alcaici IV, 5, in saffico IV, 7, Lo selve 1, I e 2, II, 7, e III, 4, sono lavori di commissione. Carmi lirici son detti da lui stesso e la V e la VII del libro IV: e lirici, se non nella forma, nella sostanza sono anche i due Epicedii al padre ed alla bambina, l'Epitalamio di Stella ed altri. Epigrammatico è il breve lamento al sonno nel libro V (IV): ed egli stesso nella prefazione al secondo libro dice a Neliore Atedio: « in arborem certe tuam, Melior, et psittacum scis a me leves libello? quasi epigrammatis loco scriptos. »
   (2) Così almeno parmi di poter raccogliere dalla prefazione al 1° libro delle selve, dove espone all'amico Stella i dubbj, che fin lì l'avean trattenuto dal publicare questi suoi minori componimenti « Quid enim? oportet hpjus quoque auctoritate editiouis onerari, quod adhuc prò Theiaide mea, quamvis me reliquerit, timeo? » Del resto non è vero che quando fu scritta la seconda selva del libro III, essa non era ancora finita (v 142); perocché all'amico Mezio Celere mandato da Domiziano nella Siria, promette di raccontare il dì che sarà tornato fra le sue braccia.
   .....Devictis dederim quae busta Pelasgis,
   Quaeqae laboratas clandat mihi pagina Thelas.
   Appare terminata nella quarta e nella settima solva del libro IV. Là (verso 87-92) scrive all'amico Marcello:
   Nunc si forte meis quae sint exordia Musis / Scire petis, jam sidonios emensa labores Thebais optato collegit carbasa portu, Pharnanique .jugis silvaque Heliconide festis Tura dedit flammis et virginis ezta juvencae Votiferaque meas suspendit ab arbore vittas. — »
   K annunzia la composizione dell'Achilleide :
   « Nunc vacuos crinos alio subit infula nexu : Troja quidem magnusque mihi temptatur Achillea. »
   Qua a Massimo Giunio canta:
   Torpor est rostris sine te Camoenis, T.irdius sueto venit ipse Tliymbrae liector, et primis meus ecce uietis
   Haeret Achille?, -