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Storia della Letteratura Romana

Cesare Tamagni
Francesco Vallardi Milano, 1874, pagine 590

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a cura di Federico Adamoli

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   capitolo iii. — i poeti satirici.
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   Parva loquor, tisc duna aequo tuos Germaaice, vultus : Talis ubi Oceani fiiiem mensasque revisit Aethiopum, sacro diffiisus nsctare vultus, Dux superimi, secreta jubet dare carmina Musas, Et Pallsnaeos Plioeburn laudare triumphos.
   (6) L'Epicedio alla bambina è l'ultima delle Selve — (V. V.).
   (7) Lib. IV, ad Marcellum « ..... Quare ergo plura in quarto silvarum, quam in prio-
   ribus? Ne se putent aliquid egisse, qui reprehenderunt, ut audio, quod hoc stili genus edi-
   dissem..... Novissime quisquis es meis invidus aliquid legit, statim se protitetur adversum,
   itaque Consilio ejus acsedam? — » e della Tebaide gli ultimi versi:
   Mox tibi, si quis adirne praetendit nubila livor, Occidet, et meriti post me referentur honores.
   (8) Ne parla nella poesia alla moglie Claudia: la quale ò scritta per indurla a lasciar Roma, ch'egli voleva abbandonare e dov'ella era nata, e seguitarlo a Napoli. E gliene fa una attraentissima descrizione.
   Has ego te sedes, nam nec mihi barbara Thrace Nec Libye natale solum, transferre laboro. Quas et mollis hiems et frigida temperat aostas, Quas imbelle fretum torpentibus alluit undis. Pax secura iocis et desidis otia vitae Et numquam turbata quies somnique peracti. Nulla foro rabies aut strictae jurgia legis Moruin jura viris solum et sine legibus aequum.
   B) OPERE.
   Di Stazio noi possediamo le opere seguenti:
   1. Le selve; che sono una raccolta di trentadue poesie, di vario metro ed argomento, divise in cinque libri. Sono, come già fu visto, poesie d' occasione scritte in tempi diversi e talune quasi improvvisate, come portava il bisogno o suggeriva l'ispirazione del momento. Quando n' aveva parecchie alla mano le raccoglieva in un libro, che mandava con una prefazioncella in prosa a questo o quell'amico. Meno l'episodio del padre, le altre poesie pajon tutte degli ultimi sei anni del poeta che verisimilmente publicò il primo ed il secondo libro tra il 90 ed il 91, quando aveva già scritta la Tebaide, il terzo intorno ai 94, il quarto nel 95 a cui tenne dietro il quinto tra quello stesso anno ed il 90.
   Le piii son scritte in esametri, altre poche in metro falecio, alcaico o saffico. Per la maggior parte sono di genere descrittivo: parecchie di genere lirico; altre infine somigliano ad epigrammi (1).
   2. La Tebaide: poema epico in dodici canti; opera di lunga lena, intorno alla quale lavorò 12 anni. Tolse la materia del canto che è la guer ra dei fìgu d' Edipo sotto Tebe, da fonti greche, segnatamente da Antimaco; nella forma seguitò Virgilio (2). Era già finita quando pensò a raccogliere e pubblicare le selve (3).
   3. L'Achilleide ; poema non finito in due libri. Stazio voleva, come ne scrive da Napoli a Marcello, cantare tutta intera la vita e le imprese di Achi'le (4). Sulla fine del secondo libro ci mostra Ulisse che discopre l'eroe sotto le finte vesti di donzella e lo porta con sè a Troja (5).
   4. L'Agave, mentovata da Giovenale, s'è perduta.
   Stazio ebbe molti ammiratori finché visse (6), e non invano sperò durevole fama dopo la morie, giacché ancora tra i poeti latini degli ultimi secoli parecchi l'imitarono (7) e noi critici moderni trovò chi lo ponesse al disopra d'Omero e secondo solamente a Virgilio. Caldo, ma molie d'animo, com'altri de'suoi compaesani, egli fjotterttiura Honmt. 40