360 libro secojndo. — parte i. — i poeti.
cipis (di Nerva) inde commotus est. Magna Cacsaris laus, sub quo hoc liberum fuit, magna illius, qui hac liberiate ausus est uti. Erat
Poi viene Marziale che nel libro VII (03) così brevemente ci narra U ordine de' suoi studii ed ufficii :
Perpetui numquam moritura volumina Sili
Qui legis et Latia carmina digna toga, Picrios tantum vati placuisse recessus
Credis et Aoniae Bacchica serta comae ? Sacra cothurnati non attigit ante Maronis,
Implevit magni quam Ciceronis opus. Hunc miratur adhuc centuru gravis basta virorum,
Hunc loquitur grato plurimus ore cliens Postquam bis senis ingentem fascibus annum i Rexerat, asserto qui sacer orbe fuit, Emeritos Musis et Phoebo tradidit annos, Proque sue cclebrat nunc Helicona foro.
Del culto a Virgilio e della villa Ciceroniana dice altróve (XI, 48):
Silius liaec magni celebrat monimenta Neronis,
Jugera facundi qui Ciceronis habet. Heredem dominamque sui tumulive larisve Non anum mallet ncc Maro nec Cicero.
B) Opere.
Silio Italico compose un poema di diciotto libri sulla seconda guerra punica, intitolato: Punica. Tolse la materia da Tito Livio e da Polibio, la forma da 'Virgilio.
E per essere quanto poteva, esatto imitatore del suo modello, per seguire appuntino i precetti della scuola, applicò al racconto di avvenimenti tanto per sè grandiosi e conosciuti tutte le finzioni e gli spedienti dell'epopea mitica; facendo intervenire gli Dei d'Omero nelle vicende e nell' esitc d'una guerra, eh' era stata più ch'altra mai sostenuta dall'ardire, dal senno e dall'indomito valore degh uomini che la combatterono. Quindi la mescolanza artificiale e forzata della storia colla favola, che Virgilio ebbe l'accorgimento di evitare, lo mena ad invenzioni tanto vane e stravaganti, come quella di far che Annibale, novello Turno, durante la battaglia di Lama, insegua il fantasima del suo nemico, che Giunone per torlo 'ai pericoli della mischia, gli teneva dinanzi. Il maraviglioso sopranaturale che pare già fattizio nell'Eneide; è qui addirittura scempio e ridicolo: ed il lettore che ricorda l'Annibale di Tito Livio e di Polibio, in vedendo il nuovo fantoccio di Silio Italico condotto per mano degli Dei, non può non annojarsi d'un poema che senz'alcun vantaggio dell'arte ha così mal trattata la storia e la verità. Quindi è che le Puniche son rimaste pregevoli soltanto per gli eruditi: ai quali i lunghi studii e la molta diligenza del poeta hanno ammanito una ricca supellettile di notizie sulle cose di quel tempo. Il verso è esatto, ma monotono (1).
Scrivendo sotto Domiziano non poteva non dire le lodi di casa Plavia e del vanissimo principe, di cui pare l'ottimo Quintiliano avea dovuto fare l'elogio.
Snio Italico fa, come già in parte abbiam visto, levato a cielo da Marziale, ma trovò un giusto giudice in Plinio il giovine, il quale dissedi lui che componeva con