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Storia della Letteratura Romana

Cesare Tamagni
Francesco Vallardi Milano, 1874, pagine 590

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a cura di Federico Adamoli

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   libro secojndo. — parte i. — i poeti.
   tactonii. Dopo il ritorno da Mene scrisse il carme in lode di Nerone, l'Orfeo, dieci libri di Selve, una Medea non finita, libretti di ballo (fabu)ae salticae) ed epigrammi. In prosa compose una declamazione prò e contro Ottavio Sagitta, esercizio retorico: lettere dalla Campania, una descrizione dell'incendio di Roma dell'anno 817 ed una allocuzione alla moglie Polla Argentana. Ma di questi suoi scritti, all'infuori dei titoli, nulla ci rimane (1).
   (1) Vedi Stazio (Selve. II. 7. 52 ecc.) e Tacito (Ann.XIII.44.Hist.IV.44).Poi R. Unger: De Lucani Heliacis. Friedland, 1858; e l'altro suo scritto: De Lucani carminum reliquiis, Friedland, 1860, 4.
   C) Falsagli a.
   La Farsaglia consta di dieci libri, dei quali i primi tre furono composti e pu-blicat' intorno all' 814, quando il poeta era ancora amico di Nerone, gli altri sette negli anni seguenti fino all'818, nel quale anno deve aver scritto e non finito l'ultimo libro. Pertanto essi furono publicati dopo la sua morte, e senza cli'egli potesse dar loro l'ultima mano. Senza alcuna essenziale differenza di pensieri, di credenze di sentimenti, l'amor della libertà e l'odio della tirani^de vi sono espressi con maggior impeto ed amarezza che nei primi libri.
   Il poema va dal principio della guerra civile sino all'assedio di Cesare in Alessandria, chi guardi il titolo che Lucano stesso gli impose, pare che la prima intenzione fosse di finirlo alla battaglia di Farsalo (1).
   Lucano ebbe già tra gli antichi diversa fortuna. Stazio nella prefazione al litro secondo delle Selve e nel Genetliaco di Lucano lo antepone ad Ennio, a Lucrezio, ad 0 -dio, e gli dà il primo posto dopo Virgilio nella lista dei poeti romani (2). Marziale lo ricorda parecchie volte con molta lode ed affetto, ed in un epigramma a Polla, la moglie di lui, lo chiama gloria del romano Elicona (3). Tacito, oltre la lode che gli dà negli Annali d'essere stato di grande ajuto allo splendore del padre, lo pone insieme con Orazio e Virgilic tra quei poeti, dal sacrario dei quali gli oratori dovevano prendere i più begli ornamenti della eloquenza (4). Quint iano fu ad un tempo più misurato e più giuste estimatore cosi de' suoi difetti come delle sue virtù, scrivendo ch'egli è ardente, concitato, per lo splendor delle sentenze chiarissimo, ma, a dir il vero, degno d'esser imitato più dagli oratori che dai poeti (5). Il che vai come dire, che gli artifizi retorici d'ogni maniera prendono in lui il posto dell'alta e vera ispirazione poetica. E ci fu di li a non molto cb gli negò addirittura il nome di poeta, perciocché avesse trattato materia da storici non da poeti. Cotale opinione ebbe Petronio, e dovette esser molto diffusa se la troviamo ripetuta da Servio, da Isidoro, e ancora torna nello scoliaste della Farsaglia (6).
   La fama di Lucano doveva naturalmente scemare nel secolo di Frontone, il quale lo cita una sola volta per farne aspra censura (7). Gellio non cita mai nè lui nè gli altri epici di questo secolo. Ciò per altro non impedi che fosse letto nelle scuole, e che i libraj ne facessero un larghissimo spaccio. Onde Marziale potè a ragione fargli dire nei noto epigramma :
   Sunt quidam qui me dicant non esse poetam, Sed qui me vendit l si pola putat (8).
   (1) Il poema nei manoscritti è intitolato De bello civili, e così pare anche che lo chiamassero usualmente i grammatici. Ma il poeta gli dà il suo vero nome n quei versi dei libro IX (985 ecc.) dove gli promette la immortalità!
   .....Pharsalia nostra
   Vivet, et a nullo tenebris damnnbimur aevo.
   E con quella fatale giornata l'azione del poema si chiudeva meglio che non ora col-l'assedio di Alessandria ; il quale ha fatto non falsamente pensare a taluni critici moderni