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Storia della Letteratura Romana

Cesare Tamagni
Francesco Vallardi Milano, 1874, pagine 590

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a cura di Federico Adamoli

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   libro secojndo. — parte i. — i poeti.
   maestro. Di raro declamava controversie se non fossero etiche : diceva più volon-tieri le suasoi 3, ed ogni sorta di argomentazione gli era molesta (2).
   Seguendo l'usanza del tempo, non appena ebbe presa la toga virile, si recò a < Atene, e di qui in compagina del vecchio amico Maoro, visitò parte dell'Asia minore, e la Sicilia dove diinorò quasi un anno (3).
   Dopo un'assenza di tre anni, ricco di studi d'impressioni, di memorie, tornò a Roma; e fu dapprima uno dei triumviri capitali poi del collegio dei centumviri, infine uno de> decemviii stl'tibus jiMoandls (4). Ma non andò più oltre, e sentendosi mancar l'ingegno e le forze per i publici uffici, rinunziò all'onore del laticlavio contento della sua tunica di cavaliere. E non volle entrare in Senato (Trist. IV. IO. 35):
   Curia restabat : davi niensura coacta est, Majus erat nostra viribus illud onus.
   Nec patiens corpus, nec mens fuit apta labori, SollicitfP.que fugax ambitìonis eram.
   Et petere Aoniae suadebaut tuta sorores Otia, judicio semper amata meo.
   Nella stessa lettera [IY. 10. 57) ci racconta in quale età leggesse al popolo le sue pi une poesie.
   Carmina cum pi mum populo juvenilia legi, Barba resecta mihi bis ve semelve fuit.
   e come ben presto diventasse ammiratore ed amico dei più chiari poeti del suo tempo (IV. 10. 41):
   Tempoi s il .us colui fovique poetas,
   Quotque aderant vates rebar adesse deos.
   Saepe suas volucres legit mihi grandior aevo,
   QuaeqUe necet serpens, quae juvet lierba, Macer.
   Ss3De suos solilus recitare propertius ignes, Iure sodalicio, qui mihi junctus erat.
   Ponticus heroo, Bassus quoque clarus iami. s Dulcia convictus membra fuere mei.
   Et tenuit nostras numerosus Horatius aures, Dnm fent Ausonia carmina eulta lyra.
   Virgi.'ium vili tantum; nec amara Tibullo «•
   Tempus amie tiae fata deuere meae.
   Successor fuit hic tibi, Galle: Propertius illi; Quartus ab his serie temporis ipse fui.
   Utque ego raajores, sic me coluere minores, Notaque non tarde facta Tlialia mea est.
   In così bella compagnia non è da meravigliare se egli si sentisse felice, e se lasciando agli altri il desiderio dei passati secoli, seco stesso si congratulasse d'essere nato in un'età al suo genio tanto conforme ed ai suoi costur i (A. A. III. 121).
   Prisca juvent alios, ego me nunc denique natum Gratulor : haec aetas moribus apta mi. s.
   Si ammogliò giovanissimo: ma dalla prima ed anche dalla seconda moglie, come era l'uso d'allora, si divise assai presto. In terze nozze sposò una Fabia, intima amica di Livia, la moglie di Augusto: e con essa visse in buon accordo per lunghi anni. Ebbe anche una figlia Perìlla, non dice di qual moglie, che fu poetessa, e maritatasi due volte lo fece nonno di due nipotini (5) (Trist. IV, 10, 75, III, 7, 11--32).
   Così tra le gioie della famiglia ed i piaceri dell'amicizia egli condusse una vita