capitolo ii. — i poeti epici, il cantore di Enea, di Roma e dell'Impero,
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La quale e il quale, a voler dir lo vero, Fur stala iti per lo loco santo, U' s^ede il successor del maggior Piero.
Egli, che ha perduto il cielo per la sola colpa di non aver posseduto la fede, l'ha però aperto agli altri co' suoi vatifinii, sicché Stazio memore del benefizio potè dirgli nel Purgatorio (XXII, 64 ecc.):
........Tu prima m'inviasti
Verso Parnaso a ber nelle sue g; otte, F poi appresso Dio m'alluminasti. Facesti come quei che va di notte, Che porta il lume dietro, e sè non giova, Ma dopo sè fa le persone dotte, Quando dicesti: Secol si rinnova; Torna giustizia e primo tempo umano, E progenie discende dal Ciel nuova» Per te poeta fui per te cristiano.
Dopo .1 rinascimento Virgilio scende da questa altezza, perche del gran sogno dantesco già molta parte era sparita alla luce de'nuovi tempi; ma egli diventa il maestro di una lunga generazione di poeti, e l'Eneide il tipo della epopea, che si suol dir classica, in tutta la colta Europa. Tasso e Cainoens, per ricordare soltanto i maggiori, sono suoi scolari. E per lungo tempo anche nei libri e nelle scuole le regole del poema epico furono desunte unicamente dall'Eneide ; poco apprezzandosi, perchè ancora poco t i conoscevano, i poemi omerici. Merce i progressi della filologia anche la critica estetica divenne più severa, e senza nulla detrarre ai meriti di Virgilio ne ridusse la fama a più modeste proporzioni. Le quali sono però ancora abbastanza amp^e, perchè Virgilio possa essere detto il maggior poeta latino, e l'Eneide il più bel poema epico che siasi fatto per sola virtù d'arte, d'ingegno e fi imitazione.
(1) Vedi la vita di Donato. §§ 3-5, 8-18, 59,
(2) Vedi I. Fr. R. Schlosser: Die Urche in ihren Liedern f pag. 38?. 41 4, Socoada edi. zioae. — Ruth, Studien iiber Dante, pag. 207, — Cantù nella Storia della letteratura romana (pag. 229) d ìo che quell'inno cantavasi nel sccolo XV a Mantova nella messa di S. Paolo. In un mistero latino del X secolo sulla nascita di Cristo, Virgilio compare in iscena come il vate dei Gentili (vates Gentilium) e fa testimonianza in favore di Gesù Cristo. Vedi Journal des Savants, 1846.
(3) Vedi Teuffei, Romische Literatur, pag. 412 e Bàhr, Roraischc Literatur. Volume I, pag. 377-78 ecc. Il libretto è intitolato : Les faietz merveilleuoc de Virgile. Il testo più an-tuo che se ne conosca è francese, ed era notissimo già nel XVI secolo. Se ne fecero traduzioni in tedesco, in inglese ed in olandese.
Cantù nell'opera sumraentovata ricorda una cronaca mantovana in terzine di certo Bonamente Ali prandi, vissuto alla hne del secolo XIV, nella quale cronaca le favole più assurde sono accumulate sopra il nostro poeta. Tra le altre la baja che di lui si prose una nipote d'Augusto della quale s'era innamorato, e la terribile vendetta che il poeta ne fece.
Su questo tema della magia di Virgilio furon scritti molti libri, tra i quali meritano d'essero r lordati i seguenti: I. W. Genthe nella introduzione alla sua traduzione delle Egloghe, Lipsia, 1855 e 1857. — Siebenhaar, de fabulis quse media aetate de P. Virg. circumferebantur, Beri., 1837.4. — F.Michel,quas vices quoque mutationes etVirgilium ipsum et eius carmina per mediana setatera exceperint, Paris, 1816. — Grasso, Beitràge zur lit. und Sage des Mitoelalters (Dresden, 1850, 4.) II: zur Sage von Zauberer Vergilius. — C.
Tamagni. Letteratura Romana, 46