360 libro secojndo. — parte i. — I poeti.
E cosi pare che facessero veramente, serbandoci intatta con tutte le sue mende l'opera dell'amico. Le quali mende si rivelano facilmente all'occhio dei leggitori nei versi non finiti, nelle incongruenze, uelle lacune, nelle contraddizioni e va dicendo (7).
Cominciata nel 725, già Properzio aveva notizia dell' Eneide nel 728 ed annunziava ai Romani la nascita di un poema maggior dell'Iliade:
Ccdìie Romani scriptores, cedile Graji, Nescio quid majus nascilur Iliade.
E l'anno appresso Augusto supplicava dalla Cantabna il poeta, or con preghiere ora con giocose minaccio, che dell'Eneide gli mandasse almeno il frontispizio od un verso qualsiasi. Assai tempo dopo, e quando il poema fu materialmente finito, VngJio gli me recitò tre libri: il secondo, il quarto ed il sesto (8).
Orazio, che pur ricorda, come abbiam visto, assai volte e con grande affetto il nome di Virgilio, neanche nella lettera ai Pisoni, dove discorre lungamente del poema epico, non fa menzione dell' Eneide ; forse che al suo gusto delicatissimo non paresse abbastanza perfetta. Ovidio invece dice ch'ella era la più bell'opera del Lazio.
Qi intiliano ne diede tra gli antichi il giudizio più esteso e ponderato « Come » per i poetj greci da Omero, cosi per discorrere dei latini vogliamo (scrive egli » nel libro X, 1, 56) cominciare da Virgilio, il quale di tutti gli epici greci e nostrali » gli è indubbiamente il più vicino. Perocché mi valgo delle proprie parole che gio-» vanetto udì da Afro Donnzio: il quale domandato da me qual poeta più gli pa-» resse accostarsi ad Omero; secondo, disse, è Virgilio; però più vicino al primo » che al terzo. E .n verità mentre a quel celeste ed immortale ingegno cediamo >> 1 passo, possiamo pur dire che questo è più accurato e diligente perciò appunto » che più dovette affaticarsi e d'essere (finti nelle altezze ci pagniamo per av-» ventura colla lode d'una costante uguaglianza. Tutti gl altri lo seguono ben di » lontano. »
Marziale non cessa di lodarlo, e Macrobio oltrepassa ogni possibile encomio quando ne' Saturnali dice, essere tale la gloria di Virgilio che nessuna lode la possa aumentare, nessun biasimo diminuire, bilio Italico ne celebrava ogni anno religiosamente il dì natalizio, e si recava a visitarne il sepolcro come fosse un santuario (9).
(1) 11 fatto è attestato dai più antichi scrittori romani. Nei primi annalisti come nei primi poeti e negli storici de' più colti secoli posteriori le origini di Roma si allacciano sempre colla venuta d'Enea in Italia. Svetonio racconta di Claudio (25) cùe agli abitanti di Ilio, come ai fondatori della gente romana, concesse in perpetuo l'esenzione dal tributo , e lesse in quell'occasione una vecchia lettera greca, colla quale il Senato ed il popolo romano promettevano al re Seleuco amicizia ed alleanza, se avesse fatti immuni da ogni aggravio gli Iliesi loro consanguinei.
(2) « Quaestor (Caesar) Juliam amitam uxoreraque Corneliam defunctas laudavit e more prò rostris. Et in amitae quidem laudatione de ejus ac^patris sui utraque origine sic refert : Amitae r.ieae Juliae matemum gcnus db regibus orvum, paternum cum diis im-mortalibus conjunctum est. Nam ab Anco Marcio sunt Marcii reges, quo nomine fuit mater ; a Tenere Juiii, cujus gentis familia est nostra. Est ergo in genere et sanctitas regum, qui plurimum inter homines pollent, et caerimonia deorum, quorum ìpsi in po-testate sunt reges. t Svetonio Vita di Cesare cap. 6.
(3) Georg. Ili 46 e seg.
(4) Primo fonte greco Omero, dai poemi del quale tolse non soio il disegno dell'Eneide (avendo nella prima parte imitato l'Odissea, nella seconda l'Iliade) ma eziandio moltissime imagini, sentenze ed intere similitudini. Anche taluno dei personaggi fu ideato alla foggia omerica; e Turno, che pur è forse il migliore, vuole ma non riesce a riprodurre la potente bellezza di Ettore II libro VI è tolto dall'Xl dell'Odissea. Dopo Omero vengono