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Storia della Letteratura Romana

Cesare Tamagni
Francesco Vallardi Milano, 1874, pagine 590

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a cura di Federico Adamoli

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   capitolo iii. — i poeti satirici.
   355
   h) opeb.fi,.
   Virgilio compose :
   ?) le Bucoliche tra gii anni 713 e 715,
   ?) le Georgiche tra gli anni 717 e 724, c) l'Eneide tra gli anni 725 e 735,
   e prima d queste opere negli anni gioveniQ aveva scritto qualcuno di que' poemetti che gli vengono attribuiti, che sono: la Zanzara (Culex), l'Allodola (Ciris), la Torta (Moretum), l'Ostessa (Copa), la Raccolta di versi (Catalecta).
   C) L'Eneide.
   La favola di Enea, qualunque ne sia la provenienza, era già da parecchi secoli parte integrante della leggenda e della religione nazionale; e gli storici non meno che ì poeti cominciavan tutti da essa il racconto delle origini romane. E tanto per gli uni, quanto per gli altri essa significava che Trojani e Latini, stranieri venuti dall'Asia ed Aborigini, avevano mescolato l sangue, la favella, le istituzioni e le sorti loro in modo da fare nel volger pochi secoli un popolo solo. Da questo innesto forestiero sul nativo tronco italiano dicevasi e credevasi da tutti che fosse germogliata quella gente, che fondò Roma e da Roma dominò il mondo (1).
   Ma nessuno avea ancora pensato g trarne la materia di un poema epico, e forse Virgilio stesso non l'avrebbe fatto, se per essa non avesse avuto modo di ridurre ad un'origine sola Roma e la gente C ulia, e di confondere gli alti destini della patria con quelli di Augusto. Perocché già Cesare ne' funerali di sua zia Giulia avea detto che per Giulo figliuol d'Enea essi procedevano da Venere (2), e nulla poteva piacer più ad Augusto che d veder celebrata da un tanto poeta la divinità della sua stirpe. Perciò Virj 1 o, che pi ma aveva promesso d, cantare le gesta di Ottaviano (3), ad istanza di lui stesso prese più vasto campo e stese il disegno d'un poema, il quale contenesse la stoi a primordiale e come la profezia della grandezza li Roma e della pace che finalmente era per trovare sotto il fortunato nipote di Giul ) Cesare.
   A colorire un tanto disegno Virgilio si valse molto dei poeti greci, massime degl epici e dei tragici (4), ma fece eziandio proprie ed accuratissime ricerche nella storia, nella geografia, n( ri! e nella ragion civile e religiosa dell'Italia antica. Nè poco gli giovarono le cognizioni di filosofia, di matematica e d'astronomia onde s'era ornato la mente negli anni giovanili. Con tuttociò l'opera gli pareva, quanto più andava innanzi, lunga e difficile, e ad Augusto, che gliene chiedeva contezza, scriveva: « del n,:o Enea, se già avesi ' qualcosa che fosse degna delle tue orecchie, te ne manderei : ma veramente ho dato mano ad una tanta impresa, che temo quasi d'essere usuto di senno quando la cominc ai; perocché nuovi e più gravi studi mi costa ogni giorno questo lavoro (5). »
   E per poter scrivere a miglior agio, ne fe' dapprima l'abbozzo in prosa; poi secondo che gli piaceva, voltava man mano in versi questa o quella parte. Così avvenne che lasciasse molti luoghi imperfetti, altri con pochi tratti appena lumeggiasse e scherzando diceva di fare come l'architetto, che i nuovo edifizio sorregge con puntelli fintantoché siano pronte le solide colonne (6). In questo modo lavorò undici anni finché lo colse la morte: e non avendo prima di partire per la Grecia potuto ottenere da Vario la promessa che l'Eneide fosse abbruciata quand'egli venisse a mancare, in fin di v ;a chiese piti volte gli scrigni per darla esso alle fiamme ; ma poiché nessuno lo volie obbedire, nel testamento non ne fece motto, e solamente lasciò a Vario ed a Tucca i suoi scritti con patto che nulla pubhcassero òhe gi ì da lui non fosse stato pubi iato. Se non che Augusto comandò a loro di pubi icari a, correggendola così che ne levassero solamente il superfluo, nulla aggiungessero. Ciò vuol dire che tra le varie lezioni dovevano scegliere quelle che a loro paressero migliori, sopprimendo le altre.