346 LIBRO SECONDO. — PARTE I. — I POETI.
molti tratti o sentenze del poeta che collimano coi precetti del filosofo, potremmo anzi dimostrare che la sapienza da questo insegnata colle lettere agli amici è la stessa cùe quegli ha voluto mettere in azione. L>. Nisard l'ha fatto con molto spirito nel suo bel libro Bui1 poeti lat'ai della decadenza, e noi, rimandando a lui quelli tra i nostri lettori che fossero desiderosi di più e di meglio, ci accontenteremo di pocùi esempi.
Nel primo frammento della Tebaide Edipo deliberato di morire dimostra alla figlia, cne ne lo vuole distorre, con un lungo ragionamento il grande benefizio che gli Dei e la natura hanno fatto agli uomini lasciando a loro, come ultimo sollievo dei mali, la libertà e mille vie d'uscire comodamente di vita.
Forrum negabis? noxias lapso vias Cludes et artis colla laqueis inseri Prohibebis? herbas quae ferunt letum auferes? Quid ista tandem cura prolìciet tua ? Ubique mors est Optume hoc cavit deus. Eripere vitam nemo non homini potest, At nomo mortemi mille ad liane aditus patent
E il filosofo nella lettera XII scrive: « Malum est in necessitate vivere; sed in necessitate vi /ere necessitas nulla ost. Patent undique ad libertatem vise multsc, breves, faciles. Agamus Deo gratias, quod nemo in vita teneri potest; » nel libro De Prov. V), fa dire dalla divinità agli uomini «Ante omnia cavi, ne quis vos teneret invitos : patet exitus. »
La filosofia di Seneca venne notata d'incongruenza, perciò che, corno la più parte dei filosofi romani, egli non abbracciò costantemente alcun sistema Volle essere eclettico , e nel fatto fa più che altro uno scettico. Così, per modo d'esempio, mostrerà in un luogo di credere all'immortalità dell'anima e loderà le delizio che ai grandi uomini son i servate nella vita futura (Epist. 86); altrove invece alfermerà, che la morte è il non essere, il nulla (Epist. 14). E il poeta pensando come il filosofo t'arà sì che il coro delle Trojane ci desc: Va una volta la beata esistenza di Priamo nei campi elisi (v. 16 i, ecc.) ed altrove o mostrerà di dubitare dell'immortalità (v. 380), o dirà addirittura che la vita finisco come fumo che si dissipa rell'aria (v. 101).
... ut calidis fumus ab ignibus Vanescit spatium per breve sordidus, Ut nubes gravidas quas modo vidimus Arctoi Borece disjicit impetus: Sic hic quo regimur spiritus effìuet; Post mortem nihil est, ipsaque mors nihil.
E per finire, il primo dialogo tra Tieste e Tantalo nel Tieste è tutto un discorso filosofico sulla eccellenza della vita oscura e tranquilla, e sulla infelicità de: ,iramr- discorso che il coro riprende e riassume in que'quattro versi, i quali contengono l'essenza della dottrina stoica sulla vita beata :
Rex est, qui metuit nihil, Rex est qui cupiet nihil, Mens regnum bona possidet, Hoc regnum sibi quisque dat.
Finaneo le istesse espressioni, variate alcun poco nella forma per cagion del metro, s'incontrano nel poeta e nei filosofo. Valga ad esempio la famosa sentenza (Ep. 97, sulla fine) Titta scelera esse possunt, secura non possunt, che nella Fedra (169) suona :
Scelus aìiqua tutum, nulla securmn tuìit.
(11) L'Ottavia fu da Giuseppe Scaligero attribuita al póeta Scevo Memore, da Fr, Ritter (Octavia praetexta, Bonn, 1813) a Curiazio Materno. W. Braun (die Tragoedie Octavia and die Zeit ihrer cntstehung, Kiel, 186;!) ne pone la composizione sull'uscita del Medio Evo ,