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Storia della Letteratura Romana

Cesare Tamagni
Francesco Vallardi Milano, 1874, pagine 590

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a cura di Federico Adamoli

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   CAPITOLO I. — POETI BRAMATICI. 343
   palinsesto ambrosiano di Plauto si possa credere, che discendano da un testo di più antica data. L'Ottavia manca al solo codice fiorendo (5).
   Pertanto colla testimonianza de'manoscntti, non contraddetta dalle notizie dell'antichità, si poteva non senza ragione pensare che le otto prime tragedie e le due scene fossero di L. Anneo Seneca. Ma anche i motivi a dubitare non mancavano. Pareva strano innanzi tratto il silenzio di Seneca su queste sue opere, e i Seneca essendo stati parecchi, poteva piacere l'opimone che autore delle tragedie fosse un altro membro di quella illustre famiglia Altra cagione di dubitare era il preg > i-verso di questi componimenti, in grazia del quale tornava più comodo attribuirl. a diversi autori che non ad un solo.
   E la controversia, cominciata prima ancora che le tragedie si stampassero, si rifece più viva dopo le prime edizioni. Nel secolo dei.raoquarto F. Petrarca, a cui piacevano moltissimo, le attribuiva al filosofo L. Anneo Seneca, G. Boccaccio non sapeva dire se le avesse scritte o un figlio di L Anneo, o un suo fratello, od i nipote M. Anneo Lucano. M. A.Delrio ne discorre a lungo nella seconda parte dei prolegomei'. alla raccolta dei tragici latini (6), concludendo che, toltane l'Otta1 a e forse l'Ercole in Età, tutte le altre tragedie son di Seneca il filosofo e varian di pregio perciò solo che furono da lui scritte in tempi diversi. D. Heinsio concedeva a L. Anneo Seneca la Fedra, la Medea e l'Ecuba, la quale a lui ed a G. Scaligero pareva la più bella tra le tragedie latine; assegnava invece a Marco Anneo Seneca l'Ercole furente, il Tieste, l'Edipo e l'Agamennone. E s' avvisava di trovare la cagione della d1lerenza in ciò che il discorso del retore fosse più declamatorio, quello del filosofo più grave ed antico. G. Lipsio (che pubblicò le tragedie a Leyda nel 1588) seri reva intorno a quel tempo a F. Rafelengio, che l'Ecuba era fattura d'un autore spregevole ed ignobile, e levava a cielo le due scene della Tebaide tanto da giudicarle non indegne dell'età di Augusto. Finiva poi coll'attr ouire la Medea a L. Anneo Seneca, la Tebaide, come ora si disse, ad un poeta del secolo d'Augusto, le altre ad un Seneca diverso dal filosofo e dal retore e vissuto forse ai tempi di Trajano Dell'Ottavia non gli abbisognò trovar l'autore, avendola giudicata opera degna di sferza non d' ap-plaus G. Scaligero fece di questa tragedia un miglior b udizio, e non la credeva opera d'uno scrittore futile nè a'issuto al tempo di Domiziano ; quanto alle altre sentenziò che fossero tutte di un soio autore. G. A. Fabrizio nella Biblioteca latina, senza nulla asserire, s'accosta all'opinione di coloro che le spartiscono tra diversi autori.
   R. Bentley rifiutò l'Ottavia, sospettò dell'Ercole in Età e dell'Agamennone. Il professor Jacobs in un dottissimo articolo su Marco e Lucio Anneo Seneca, stampato nei supplementi alla Teorica ui Sulzer, se isse che tutte le tragedie, eccettuata l'Ot-tai a, a eli' mque si vogliano atti buire, si possono facilmente ritenere come 1' opera d'un solo scrittore od almeno come i portato d' una sola mente. Esse, dice, hanno comun. le bellezze ed i d; etti: e sì quelle come questi scaturiscono da una medesima sorgente, vale a dire dallo spirito de'tempi, ne'quali l'autore o gli autori di esse son vissuti (7).
   Fra i critici moderni nessuno più di Bernhardy si mostrò convinto che le tragedie non sono di Seneca. Perocché, dice, se pur qualclie volta lo richiamano uel-1* enfas retorica, nello splendor delle frasi e nelle riflessioni filosofiche, in nessun luogo danno segno della mente speculativa e del senso pratico di quel filosofo, che letto aveva tanto addentro ne' segreti del cuore umano e fatto una sì profonda esperienza della vita. Pertanto egli crede che esse siano una raccolta di componimenti di varii autori di quel secolo, i quali, se anche furon diversi d'ingegno, uscivan però tutti dalla stessa scuola e scrivevan tutti alla stessa maniera (8).
   Tuttavia l'opinione contraria è ancora prevalente, e se Gustavo Richter pensò un stante di togliere a Seneca anche 1' Edipo (9), oggi i critici più arrischiati si accontentano di escludere sulle pedate di Beiitley, oltre l'Ottavia, l'Ercole in Eia e l'Agamennone ; le quali son però difese da altri e con buoni argomenti, sì che sia oram, i lecito pensare che le nove tragedie del codice laurenziano appartengano a