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Storia della Letteratura Romana

Cesare Tamagni
Francesco Vallardi Milano, 1874, pagine 590

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a cura di Federico Adamoli

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   CAPITOLO I. — POETI BRAMATICI. 335
   Titinio fu il primo scrittore dì comedie togate. Usciva d'uua buona famiglia di plebei, fu contemporaneo di Terenzio, al quale sopravvisse. Le sue comed 5 portano tutte nomi latini, ed appartengono al genere delle tavernai e. Per vivac tà, freschezza, e certa popolare acerbità popolana ricorda Plauto; nella trattazione dei caratteri s'accosta a Terenzio (2).
   (lì I resti di Turpilio si possono vedere presso: Bothe, scon, lat. V.2, pag. 77-94. — P. Grau-teff. Turpil. comoed. reliquiaa, Bonn, 1853. — Ribbeck. com. p. 73-96. Per gli altri due vedi ancora Ribbeck, p. 70, 72.
   (2) Varrone appunto gli ha dato la stessa lode che a Terenzio ed ad Atta : « 'H8y nullis aliis servare convenitquam Titinio, Terentio, Attae. (Charis II, p 215).» Conos. amo quindici titoli delle sue comedie. Pei frammenti vedansi : Bothe, Y. 2, p, 58-76. — Neukirch, lab. tog. p. 102-152. — Ribbeck, p. 115-137. — Ritschl, Parerga, pag. 194 f.
   § 10. Lucio Azzio.
   Di genitori libertini nacque Lucio Azzio (1) l'anno 584 e morì intorno all'anno 650 di Roma. Egli è autore di molte trage^ e che tolse dal greco, e di due tragedie d'argomento romano. Compose pure, come vedremo a suo luogo, nove libri di didascalici e tre libri d'annali. Fu al pari di Ennio poligrafo e grammatico, ma più di lui scrittore forbito e diligente. Giovane ancora conobbe a Taranto il già vecchio Pacuvio, al quale lesse una delle sue tragedie denom lata Atreo. E Pacuvio poiché l'ebbe udita gli disse, che i vers erano sonor e granaiosì, ma ancora un po'duri ed acerbi. Al che Azzio rispose: così è appunto come tu dici, nè mi adonto del tuo giudizio, giacché spero scriverne in seguito di miglio] Egli fu anche amico di D. Bruto, che fu console nel 616. Della sua alterigia diede prova un giorno che essendo entrato nel collegio dei poeti G. Cesare, autore non spregevole di tragedie, egli non si levò a salutare il nobil uomo, perchè nell'arte dramatica sentiva d'essergli superiore.
   Cicerone lo chiama una volta poeta grave ed ingegnoso, Orazio lo dice alto, Ovidio animoso. Quintiliano confrontandolo con Pacuvio att buisce a lui maggior forza, mentre ci avverte che alcuni critici facevano l'altro più dotto. Tutt'insieme possiamo giudicare che egli possedesse in giusta n isura le qualità proprie del poeta tragico, che sono la forza, la profondità e l'affetto (3).
   (1) Le due diverse ed ugualmente autentiche scritture Attius et Accius dipendono da mera differenza di dialetti. Sotto i Cesari si scrisse per lo più Attius ed i Greci sempre' Arno?.
   (2) S. Gerolamo (Cronaca di Eusebio 01. 160, 2 = 616 di Roma = 138 a. Cr.) «L. Accius tragoediarum scriptor clarus habetur, natus Mancino et Serrano coss. parentibus libertinis et seni im Pacuvio Tarenti sua scripta recitavit. A quo et fundus Accianus iuxta Pisau-rum d jitur, quia illue inter colonos fuerat ex urbe deductus. » Dove è solo da avvertire che non egli, ma suo padre vi fu condotto colla colonia nel 570. — Cicerone nel Bruto (64,229): « Acc;us isdem aedilibus (intorno al 614) ait se et Pacuvium docuisse fabulam, cum ille octoginta, ipse triginta annos natus esset « e nella orazione in favor di Archia. (11, 27). « D. Brutus summus vir et imperator, Accii amicissimi sui carminibus templorum ac mo-numentorum aditus exornavit suorum » Gellio (XIII. 2) « cum Pacuvius . . Tarentum con-aessisset, Accius tunc haud parvo junior, proficiscens in Asiam cum in oppidum venisset, dever t ad Pacuv im comiterque invitatus plusculisque ab eo diebus retentus tragoediam suam cuiAtreus nomen est desideranti legit. Tum Pacuvium dixisse aiunt, sonora quidem esse quae scripsisset et grandia, sed videri taraen ea sibi duriora paulum et acerbiora. Ita est, inqu.t Accius, ut c cis: neque id me sane paenitet; meliora enim fore spero quac deinceps scribara. »
   ' (3) Per l'atto altero di Az: o verso il nobile suo collega vedi sopra a pag. 182 (nota 1). Per giud' ii vedi: Cicerone nell'orazione prò Piando (24,59) « gravis et ingeniosus poeta»