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Storia della Letteratura Romana

Cesare Tamagni
Francesco Vallardi Milano, 1874, pagine 590

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a cura di Federico Adamoli

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   CAPITOLO I. — POETI BRAMATICI. 331
   post equiti romano nupsit: item hortulos XX jugerum via Appia ad Martis. » Onde Sve-tonio argomenta che ei non fosse tanto povero come ebbe a dire Poruio Licino, scrivendo di luì che dall'amicizia di Lelio e di Scipione non aveva neanche ricavato da prendersi una jasa a pigione. Al color fosco manifestava il sangue africano.
   Di Terenzio abbiamo tre ritratti: una miniatura ìd un manoscritto vaticano del nono secolo; un medaglione a Gota, ed un busto con una maschera sul destro braccio nel Museo Capitolino. Questo fu trovato nel 1836, fuori di Porta S. Sebastiano. Yedansi per tutto ciò Visconti Iconogr. rom. 1, pagina 317, ecc. 0. Miillers Archàologie von Welcher. pag. 421, Annali dell' Istituto Archeologico. 1840, XII, 97.
   B) Opere.
   Le sei comedie di Terenzio sono:
   1. L'Andria; recitata la prima volta nel 588 durante le feste megalesi, la seconda tra il 611 ed il 620. È tratta dall'Andria di Menandro con alcune aggiunte della Pennzia dello stesso autore.
   Di questa comedia abbiamo due ulume scene alquanto d* ^erse. Congiungendo la seconda scena (che venne divulgata da L. Doederlein, quantunque fosse già nota, nonché ai precedenti editori, anche a Donato e ad Eugrafio) cogli ultimi versi del prologo, Klotz venne nell'opinione che al primo successo dell'Andria fosse preceduta una recita d'esito infelice. Ritsclil invece r ' ene che le due scene sieno di diversa mano : la prima e più breve di Terenzio, la seconda e più lunga di qualcuno che la compose per una nuova recita dell' Andria molti ann dopo la morte del poeta.
   2. L'Eunuco; composta dell'Eùi/cuxcs e di alcune parti del KokoX d: Menandro. Ebbe un grande successo, e gli fu pagata, come nessuna comed'a ma , ottomila sesterzii. Fu rappresentata sicuramente due volte: nel 593 durante le feste megalesi, e nel 608.
   3. Il Punitor di sé stesso (Avrovn^apcvasvcq) ; tradotta dalla comedia dello stesso nome di Menandro. Fu rappresentata la prima volta nel 591, pure durante le feste megalesi.
   4. Formione (Phormio), dal nome del parasito. La comedia è tratta dall' Etti-àr/.a^iu.-i/oq di Apollodoro. Fu rappresentata la prima volta nel 593 durante i giochi roman ; ripetuta verisimilmente nel 613 per le fesce megalesi.
   5. La Suocera (Hecyra), tratta, secondo Donato, da una comedia d'ugual nome di Apollodoro, secondo altri dagli Erdi Menandro. La prima volta fu messa in iscena senza prologo 1' anno 589 durante le feste megalesi, ma la recita ne fu impedita dal sopravvenire d'una compagnia di funamboli, a vedere i quali corsero tutti g spettatori. Del che si lagna il capo-comico (ch'era l'animoso Ambivio Tur one) nel prologo della seconda recita; la quale fu tentata con esito non guar diverso l'anno 594 ne' funerali di L. Emilio Paolo. Ciò si legge nel prologo della terza recita, la quale fu fatta lo stesso anno durante i giochi romani; e questa volta la comedia } acque.
   6. I Fratelli (Adelphi) dalla comedia di Menandro dello stesso nome, coli' aggiunta d'una scena tratta dal principio dei 2wa.-nc$vli'7Y.cvrzq di Difilo. È questa forse la l'ù perfetta delle comedie di Terenzio. Fu recitata nei funerali di L. Emilio Paolo l'anno 594.
   I giudizii degl antichi sopra Terenzio riguardano altri la sostanza, altri la forma. Per la forma tutti ne lodano la purezza e la eleganza: tanto Cicerone , il quale dice che eg1 solo ha reso Menandro in buon latino, come Cesare, che lo chiama amatore della pura favella. Per la sostanza convengono tutti nel concedergli la lode dei costumi, mentre gli negano quella dì commovere fortemente gli affetti. Così dei due pre£ . di Menandro uno solo gliene resta: e Cesare lo chiamò Menandro dimez-