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Storia della Letteratura Romana

Cesare Tamagni
Francesco Vallardi Milano, 1874, pagine 590

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a cura di Federico Adamoli

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   CAPITOLO I. — POETI DB AMATICI. 325
   triumvir coloniam deduxisset. » E per questo Ennio scrisse di sè, come si può vedere ancora in Cicerone (De Or. Ili, 42. 168): Nos sumus Bomani qui fuvimus ante Budini
   (5) Morì di gotta, come scrìve S. Gerolamo (Cronaca di Eusebio. 01. 153. 1): « Ennius poeta septuagenario major articulari morbo perit, sepultusque a Sci-:ìonis monumento, via Appia intra primum ab urbe milliarium. Quidam ossa ejus Rudiam ex Janieulo translata adfir-inant. » E qualcuno disse pel troppo bere. Del che ridendo lo punse anche Orazio in que' versi (Ep. 1, 19, 7). « Ennius ipse pater numquam Disi potus ad arma, Desiluit. » Cicerone nelle Toscolane ne riporta l'epigrafe, fattasi, dice, da lui stesso:
   Aspicite, o cives, senis Enni im    E morì dopo avere fatto rappresentare il Tieste.
   B) Tragedie e comedie.
   Oltre il poema epico e le satire, di cui diremo a suo luogo, Ennio scrisse tragedie e comedie (1). Dei tre grandi tragi< della Greci? parve, come tutti i poeti latini, preferire Euripide, perchè Più vie io d' età, d'opinioni, di sentimenti, e d'una bellezza più confacente all'indole tutta artifii ale della dramatica romana. E Cicerone disse, che la Medea d Ennio poteva ben essere letta con piacere anche da coloro che si dilettavano dell'ugual tragedia d'< Euripide. Compose anche una tragedia pretestata, l'Ambrac i (2). Ma nelle comedie non fu guari felice, se dobbiam credere a Yolcazio Sedigito, il quale lo annoverò tra i poeti comici in grazia soltanto della sua antichità.
   (1) Per i titoli ed i frammenti delle tragedie di Ennio vedasi Ribbeck (Tragicorum la» tinorum reliquiae, pag. 13-62 e 218-278, ed inoltre Scenicae Romanorum poesis fragmenta, pag. 15-75). A giudizio del quale tre sono indubbiamente tolte da Euripide: la Medea, l'Ecuba e l'Ifigenia. Della Medea ci fa chiara testimonianza Cicerone nel notissimo passo del Dialogo Dei Fini (1, 2, 4) « iis igitur est diffieilius satisfacere, qui se latina scripta dicunt conteranere. In quibus hoc primum est, in quo admirer, cur in gravissimis rebus non delectet eos patrius sermo, cum eidem fabellas ìatinas ad verbvm e Graecis expressas non inviti leaant. Quis enim tarn inimicus paene nomini romano est, qui Ennii Medea',n aut Antiopam Pacuvii spernat aut rejiciat, quod se eisdem Euripidis fabulis delectari dicat ? » Dell' Ecuba Aulo Gellio (XI, 4) scrive : « Euripidis versus sunt in Hecuba.... Hos versus Q. Ennius, cum tragoediam verteret, non sane incommode aemulatus est. » Per l'Ifigenia non abbiamo alcuna espressa testimonianza d'antico, e dobbiamo accontentarci di confrontare i frammenti d'Ennio coi passi che pajon loro corrispondere della tragedia greca. Teodoro Bergk (Index lectionum. Marburg, 1844'» crede che nel comporre questa tragedia Ennio siasi valso delle due Iógenie di Sofocle e d'Euripide, compiendo con quella ciò che mancava a questa. TeufTel (R. Lit., pag. 126, 91, 1) vorrebbe aggiungere Andromeda, McnaHppa, Telefo, Alessandro, Andromaca e verisimilmente eziandìo Alcraeone , Cresfonte, Eretteo, Medea in Atene, Fenice. Da Eschilo tolse le Eumsnidi, da Sofocle forse l'Ajace, da Aristarco l'Achille.
   (2) Coli' Ambracia volle celebrare la presa di questa città fatta da Fui1 o Nobiliore. Per questa tragedia e per le comedie sono da vedere: Vahlen, Ennianae poesis reliquiae, pag. LXXXI e pag. 153 e Ribbek, Comicorum latinorum reliqaiae, pag. IX e pag. 4.
   § 5. M. Pacuvio.
   M. Pacuvio nacque a Brindisi intorno all' anno 534, d'una sorella di Ennio, e condotto a Roma dallo zio vi passò la vita dipingendo e scrivendo tragedie. Nel-' 1' anno 614 lasciò la capitale per recarsi a Taranto, dove morì nel 622 in età di