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Storia della Letteratura Romana

Cesare Tamagni
Francesco Vallardi Milano, 1874, pagine 590

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a cura di Federico Adamoli

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   LIBRO i'RIMO.
   In una iscrizione pompejana della fine del pruno secolo (Orelli-Henzen 7297) si legge il seguente esametro: SÌ 'potasi illa mihi fcenerum pertundere pectus.
   Negli Endecasillabi di Lampridio (Bféss. Sev. 38) vide3 e putas tornano ad essere pirrichii, non giambi, come già nei versi di Plauto e di Terenzio:
   Pulchrum quod vides esse nostrum regem.
   Pulchrum quod putas esse vestrum regem.
   Si verum putus esse non irascor.
   Sparziano cosi tradusse un epigramma greco della fine del terzo o del principio del quarto secolo:
   Hunc reges. liunc gentcs amant, liunc aurea Roma
   Commodiano di Gaza nella seconda metà del 3.° secolo faceva di questi esametri:
   Praefatio nostra riam erranti demonstrat.
   Respectumque bonum, cum venerit saecuì'i meta,
   Aeternum fieri, quod discredanl inscia corda.
   Ego sìmilìter erra\ tempore multo;
   Fana prosequendo, parentibus insciis ipsis ;
   e S. Agostino sulla fine del quarto secolo de' consimili tetrametri trocaici (Op., Tom. IX, pag. 1-8. 303):
   Abundantia péccatorum sólet fratris cónturbare; Própter hoc dominus noster vóluit nos praémonere Cómparans regnùrn cselorum réticulo inteso in mare, Congreganti mùltos pisces ómne genus bine et inde, Quós cum traxissént ad littus, tunc coeperunt séparare, Bónos in vasà miserunt, rèliquos malós in mare.
   Evidentemente gli autoi i di quest versi (e di tanti altri che si leggono nelle iscrizioni cristiane) non conoscevano più le regole della prosodia, e dei metri classici, che non capivano, s'appagavano d'imitare l'andamento e le cadenze. Perciò la quantità fini coli'esser messa in disparte, e si formò per uso del popolo e della Chiesa una nuova metrica, o a dir meglio un ritmo volgare, che si modulava colla sola norma dell'accento. Vero è che i principii di questo ritmo esistevano nell' antichissima poesia romana, e noi abbiam visto quanta parte avesse ancora l'accento nei metri dei poeti comici, che tanto ritraevano dalla pronunzia popolare. Ma l'introduzione de' metr; greci ed il fiorire della poesia classica dopo Ennio ne trattenne, o a dir meglio, ne moderò per molti secoli lo sviluppo. Perocché nella storia del verso latino si nota (come venne già detto a suo luogo) questo regolare procedimento, che il conflitto t^a l'accento tonico e l'arsi, meno frequente nei comici che nei poeti dell'età classica, i quali studiavansi dì seguitare appuntino il metro greco, viene da capo diminuendo nei canti popolari di quella e dell'età successiva, per cessare del tutto nella volgare poesia degli ultimi secoli dell'impero. E difatt : nell'epigramma popolare (senar f giambici) contro Yentidio Basso (riportato da Ani. Gellio XV, 4):
   Concurrite omnes augures arùspices
   Porléntum inusitàtum conflatum èst recens:
   Nam mulos qui fricàbat consul fàctus est;
   come nell'altro contro Augusto (riferito da Svetonio. 70)
   Postquàro bis classe victus naves pèrdidit,
   Aliquàndo ut vincat, ludit assidue àleam.