326
LIBRO i'RIMO.
A rifare i tempi mancanti le nuove lingue si valsero della perifrasi, congiungendo il verbo habere, parte col participio passivo, parte coli'infinito di ciascun verbo. Col primo modo, del quale trovavano già gli esempi nel latino classico (per-spectum, cognitum, exploratum habeo), formarono i perfetti e più die perfetti perifrastici (ho, aveva, ebbi, abbia, avessi letto), col secondo, che pure avea riscontro nel latino classico (dicere, scribere, polUceri habeo) (1) composero:
a) Il futuro indicativo canterò (oantar-ho, nell'antico italiano canteraggio).
b) (Jna specie d'imperfetto congiuntivo: canter-ia (cantar-avia, cantar-liabebam).
c) Il condizionale italiano, unico di tutte le lingue romanze, cantor-ei (cantar-avei, cantare-habuì).
Le forme perifrastiche del passivo si fecero tutte col participio passato e col verbo essere. Dell'infinito latino si conservò il tempo presente, del gerundio il caso ablativo, del participio il presente ed il passato. Futuro è la sola reliquia genuina del terzo participio ; duraturo, imperituro e simili son meri latinismi.
Da ultimo è notevole la formazione degli avverbii col suffisso mente, ablativo di mens. Devota mente, placida mente, severa mente, altera mente sono ablativi di modo che volevano dire in origine con mente devota, placida, severa, diversa; poi se ne allargò l'uso ed il significato e diventarono meri avverbii di modo, che diedero il cambio agli avverbii latini in iter, itus, e (fortiter = fortemente, pe-nitus = intimamente, facile = facilmente). Cominciano ad apparire nei prim1 monumenti della bassa latinità, onde, fuorché nel valaco, si propagarono in tutte le favelle neo-latine.
Nella derivazione le lingue romanze ci si mostrano, come era naturale, rispetto alla latina povere di vecchie radici e ricche di nuovi rampolli (ricchissimo è sopra-tutto l'italiano di suffissi accrescitivi, peggiorativi, diminutivi, vezzeggiativi, che si variano e s'intrecciano l'un nell'altro all' infinito : donna, donnina, donnona, donnaccia, donnetta, donnicciuola, donnicciattola), e il suffisso unitamente colla vocale derivativa vuol essere di regola polisulabico ed accentuato. Nella composizione sono inferiori alla latina, e si può dire che la maggior parte dei composti (tranne quelli formati con particelle) non hanno una origine popolare, ma sono trovati artificiali dei dotti e dei poeti (2).
La principale differenza tra la sintassi moderna e la latina dipende, come già s. è visto, dalla mancanza dei casi. Per essa fu mestieri che le parole venissero disposte nella proposizione secondo I' ordine logico : prima il soggetto e gli attributi se ne avesse, poi il verbo e per ultimo l'oggetto; era per es. impossibile, che dicendosi Pompeo vinse Cesare s'intendesse per converso che Cesare vinse Pompeo. E quel che si dice dello parole, vale eziandio delle proposizioni, che in luogo di in-trecciam amarono succedersi l'an all'altra; onde non fu più possibile, o se alcuno la tentò non parve più naturale, quella intima coesione delie parti tra sè e col tutto che faceva sì compatto ed armonico il periodo latino. Invece della reciproca dipendenza, o come dicono i grammatici, della subordinazione delle proposizioni, prevalse spontaneamente l'uso di coordinarle. E quando era pur mestieri congiungerne parecchie e formare un periodo, non si poterono mai stringere con vincoli tanto rigidi e saldi quanto nei periodi latini. Quindi è che nella nostra prosa la connessione delle idee è più spesso logica che grammaticale, più sottintesa che espressa; si capisce meglio che non si veda, né colle regole della sintass: si può sempre rigorosamente dimostrare.
Giova però avvertire (e noi l'abbiam visto a suo luogo) che anche all' infuori della perdita dei casi e d'altre forme grammaticali., la regolarità della sintassi latina era già stata offesa in molti punti dagli stessi scrittori dell'età classica, mas-
(1) Vedi Madvig. Gramm. Ialina § ftSJQ, noia 5 e, Schnnlinsky, pag. 27 ecc.
(2) So questo punto della morfologia romanza vedi anche Schmilinsky, pag 50, ecc.