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Storia della Letteratura Romana

Cesare Tamagni
Francesco Vallardi Milano, 1874, pagine 590

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a cura di Federico Adamoli

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   CAPITOLO VI. — QUINTA ETÀ'.
   303
   mutare, s'ebbero le legittime forme volgari: bontà, contado, sembrare; comitato e simulare son latinismi entrati più tardi nella lingua già formata. La quale, seguendo, come già si è visto, una consuetudine venuta dal latino, si valse della differenza di forma per dinotare differenti concetti (1).
   Rispetto alle consonanti (oltre a quello che di sopra abbiam detto della caduta delle filiali M, S, T dei nomi e dei verbi) ci basta avvertire il carni amento della consonante muta in mezzo di parola, che di tenue diviene sol;;,amente media, e di media si riduce qualche volta a vocale; onde abbiamo: T = D, C = G, P= B = V, B = V, G talvolta cade, tal altra, come davanti ad E, I prende suono sibilante (gi, dj, j) (2).
   Eccone alcuni eserapii che, come al solito, traggo dall'italiano, quantunque cangiamento vi sia assai meno frequente e regolare che nelle altre favelle:
   Latino. Italiano. Latino. Italiano.
   litus lido sapius savio
   mater madre lepra lebbra
   pater padre epucopus Vescovo
   palatinus paladino bibere bevere
   spatha spada cubare covare
   strata e strada e debere dovere
   constrata contrada habere avere
   acus ago tabula tavola
   lacus lago flebilis fievole
   locus luogo ibi ivi
   macer magro ubi ove
   pacare pagare i .grum nero
   precare pregare integrum intero
   secretus segreto legalis leale (legale)
   spica spiga regalis reale (regale)
   recipere ricevere exauguratus sciaurato
   recuperare ricoverare gelu Sic. jelu
   (e ricuperare gentilis Nap. jentile
   con altro senso) argentum li. ariento
   pauper povero
   Per la morfologia le lingue romanze ci offrono di notevole in comune: 1. La perdita dei ca . nella declinazione. 2. La formazione dell'articolo. 3. La caduta e la
   (1) E questo uno dei fatti più rilevanti ed attraenti che occorrano nella storia delle lingue romanze, e noi vorremmo che per ciascuna di esse si facesse quello che per il francese fece Augusto Brachet (Dictionnaire des doublets cet. de la langue francaise. Paris 186^). È vero che il francese, meno ricco, com'era, all'origine di voci latine, ebbe coll'andar del tempo maggior bisogno di tornare per altra via all'antica sorgente, ma ciò non toglie che il fatto non sia comune a tutte le nuove lingue e in tutte non ci presenti un curiosissimo scambio di forme e di significati. A quelle che già sono nel testo aggiungo quest'altre poche di nostre, a sola cagion d'esempio: arca: area edaja; artieulus: articolo ed artiglio; Augustus, Augusta: Augusto ed Agosto, Augusta ed Aosta; blasfemare: bestemmiare e biasimare; copula: copula e coppia; cymbalutn: cembalo e zimbello; óancercancro e granchio; diurnus: diurno e giorno; examen: esame e sciame; exhalare: esalare e scialare; fabula: favola, fiaba, foia; Julius: Giulio e Luglio; legalis-' legale e leale ; ministerium : ministero e mesiiero; niti !us: nitido e netto; platea: platèa e piazza; radius: raggio e razzo,-serviente (m) ; servente e sergente; supplice (m): supplice e soffice; vigilia: vigilia e veglia; verecundia: verecondia e vergogna; viaticum: viatico e viaggio,
   (2) Diez. I. 202-305.