CAPITOLO VI. — QUINTA ETÀ'. 299
d) Per i nomi di cose naturali (si animate, sì inanimate) e delle parti del corpo: stambecco, camoscio, lasso> bracco, aringa, biscia, spelta, lisca, melma, landa, bosco, guancia, nuca, zampa, stinco, nocca, ciuffo, milza.
e) Per le arti domestiche l'aspo, la spola, la rocca.
f) Per i nomi astratti, che sono come già si disse in poco numero, onta, senno, scherno, schiatta, smacco, orgoglio, guisa, ecc.
Alle stesse cause press' a poco è da attribuire la perdita dei verbi. Alcun, come Ilare, nare, fiere, son caduti perchè troppo brevi e furono scambiati dai loro composti, derivati o sinonimi: soffiare (subflare), nuotare (natare), piangere (piangere) (1).
Per somiglianza di suono possono essere caduti caedere accanto a cedere, e parere accanto a parere. Molti verbi della 2a conjugazione, di quelli che espr nono un modo di essere, son caduti perchè alla forma semplice del verbo si preferì, per una
tendenza propria delle nuove lingue, la perifrasi, onde invece di albere, frigere, nigrere si amò dire: esser Manco, freddo, nero.
E in generale si deve poi avvertire: 1.° che i verbi composti si conservarono meglio dei verbi semplici, perchè di forme più vaste e di senso i il preciso; tali sono ad esempio: demorari, consolari, adhaerere, abhorrere, persuadere, occidere, advincire (avvincere), ecc. — 2.° Che d: molti verbi primitivi, che andarono perduti, sopravissero le forme iterative, per es., di canere cantare, di lacere jactare (jectare, gettare); d'altri si formarono mediante ulteriore derivazione le forme nominali : per es.,
in luogo di invidere, odisse, studere, s'ebbero da invidia, odium, studium, invidiare, odiare, studiare (2).
C ) mi basta aver detto pel vocabolario. Rispetto alla grammatica s'ha in primo luogo da osservare che le mutazioni avvenute in ciascuna parte di essa s'attengono strettamente fra di loro, e come le sintattiche dipendono dalle morfologiche, cosi quelle e queste insieme procedono primamente da un cangiamento fonetico. Verità tanto semplice quanto evidente, la quale riposa sul fatto, che le dVfereuze di lingua non sono in origine altra cosa, che differenze di pronunzia. In secondo luogo è nuovamente notevole la fondamentale somiglianza dei cambiamenti nelle varie lingue, la quale prova insieme e l'unità dell'origine e la medesimezza delle ca{ ioni. E gli effetti ne appajono manifesti quasi ugualmente in tutte colla progressiva diminuzione del vocalismo, e quindi colla povertà delle forme. Di che
(1) Dare ed ire si sono conservati.
(2) Qui m cade in acconcio d'osservare che se il Littré avesse meglio considerato quanto antica sia e congenita alle lingue volgari e quindi anche alla latina, la tendenza, e dirò, la necessità d'ingrossare coli'andar del tempo per successive derivazioni il corpo de' vocaboli, sian nomi, sian verbi, non sarebbesi, credo, valso di cosifatti esemnii di basse voci latine allungate per negare, come fa nella stoi t della lingua francese (1, che le lingue romane procedano d.d latino rustico. Poteva, bene considerando, trovarvi invece la conferma di questa che oramai non è più opinione, ma dottrina. Perocché l'uso più frequente che Plauto fa di nomi e verbi semplici, a petto dei composti o de. 'vati che vennero adoperati dopo di lui, prora soltanto la maggiore antichità della sua lingua; ed egli ci presenta già i primi esempii di quelle forme allungate il numero delle quali doveva crescere nel volgare dei secoli posteriori. Oltre a minaciae, che fu sopra riportato, egli ci dà lacte per lac, Imgi im per lis, volturius (avoltojo) per vultur, verruina diminutivo di veru (verrina). E il fatto continua sotto gli occhi nostri, che stimando sempre troppo deboli le voci primitive, ne veniamo og giorno derivando delle nuove, meno belle ed armoniose, ma pei nostri sensi attutiti più forti e significaLve. Così, per fermarmi a notissimi esempi, da stazione abbiam fatto, quasi stare non bastasse, stazionare, da collazione (confronto) collazionare, da dilazione dilazionare, da affezione affezionare, da mpressione impressionare, dall'aggettivo regolare si derivò un nuovo verbo regolarizzare, da suicidio il bruttissimo suicidarsi, e va dicendo.