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LIBRO i'RIMO.
1. Dopo la caduta della M e della S fina era difficile che si conservassero: K
a) Taluni monosillabi come: res (rem) (1), spcs (spem), vis (vim), vas, aes, os, jus, rus, crus. Essi furono cambiar con: causa (divenuto cosa), spe^antia, forila, vasum, aerameli, bucca, dir ecium, Campania, gamba.
b) Parecchi bisillabi, avessero o no una consonante nel mezzo, come: hiems, genu, agnus. auris, naris, av;s, Herus, ìgnis, che vennero scambiati con hibernus, ge-nuculum (ginocchio), agnellus, auricula (orecchia), narioc, avicula (augello), patronus, foctiso Dove si vede già che gl scamh i si fecero per analogia: o tra il nome e l'aggettivo, o tra il positivo ed il ciimnut vo (2), o tra concetti affini.
2. Molte parole fece perdere Vomonimia, giacche per distinguerle non si avevan più nè le desinenze dei casi, nè le regole della quantità. Liopiùper l'assimilazione delle consonanti e pel cambiamento delle vocali molti vocaboli s'eran confusi o si potevano facilmente confondere. Per mo' d'esempio vìr, che n itsùano sarebbe diventato vero, Ila ceduto il passo all'agg. verus ed è scomparso; e per la stessa cagione sarebbe perito ver se non À fosse trovato modo d salvarlo col coro posto primavera. Ugualmente beilum si perdette per cagion di belius, ìiabena per avena,
mala per mala, ora per Jiora (e rimase solamente in orlo). Altr furono salvati
mercè riterni cambiamenti : es. malus divenuto melo, populus trasformato in pioppo.
3. Altre ne distrusse la sinonimia, sia perchè le parole volgari dovevano di ragione dare il cambio alle classiche, ossia perchè l'uso avesse a poco a poco scemato o tolto affatto il senso delle differenze. Qu idi si scambiarono: Domus, che restò a dinotare la casa del Signore, il Duomo, ed aedes con casa; amnis con flumen e fluvius, arx con castellum; imóer con pluvia; janua con porta; osculum con ba-sium; tellus con terra; ulna con cubitus; urbs ed oppidum con civitas; vulnus con plaga. E negli aggettivi, per tacere di molti altri, magnus, pulcher, saevus cedettero posto a grandis, belius e ferooo.
4. Alcune volte accadde che un vocabolo antico e gener ;o fosse preso a significare imitatamente un concetto o nuovo o spec: -,Je. Cosi verbum, per il senso che prese nel linguaggio chiesastico, cedette a è pittura I posto a parabola (paravola, paraola, parola) e po restò a significare nella grammatica una parola specifica, cioè il Verbo. Anche vesper (vespero) rimase alla Chiesa, e il popolo adoperò per esso l'aggettivo sera. Assi volte, nella scelta dei nomi da dar; alle cose, ai vocaboli antichi ed usitati prevalsero vocaboli nuovi, che esprimevano o le naturali qualità delle cose stesse, o una tal quale loro somi jlianza con altre; e nella qualità del paragone si scorge chiaramente l'istinto popolare. L'apro, perduto l'antico nome, dal vivere solitario fu detto singularis (frane, sanglier, it. cignale), e testa (dim. testulum, testlum, tesclum) da vaso di creta venne a significare cranio., tescb >, e addii ttura la testa dell'uomo.
5. Un'ultima cagione della perd ;a di non poche voci latine fu l'invasone di voci forestiere, che i latini accettavano da loro dominatori, sia perchè significassero cose e concetti pei quali essi non avessero un proprio e preciso vocabolo, ossia perchè latinizzate suonassero meglio all'orecch ) che non i vocaboli ant ;h Così entrarono nella nuova lingua.
a) Per la m li i guerra, bottino, stormo, schiera, schermo, usbergo, brando, strale, freccia, gonfalone, archibuso, sperone, sta/fa, alabarda, briglia, ecc.
b) Per la giurisprudenza e pel governo: bando, bargello, araldo, bidello, scalco [siniscalco e mariscalco), schiavo, allodio, feudo, gabella.
c) Per la navigaz me: schifo, battello, rada.
(1) rem rivisse per dir nulla nel francese rien, e da spem si è fatta la nostra voce poetica speme.
('i) Già in latino parecchi diminutivi, perduto il primo significato, equivalevano a posiiivi. come ad es; adulcscentulus, puella, sella, rcgula, fabula, baculus, oculus, articulus, osculum c siimi ;