Stai consultando: 'Storia della Letteratura Romana ', Cesare Tamagni

   

Pagina (309/608)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina      Pagina


Pagina (309/608)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina




Storia della Letteratura Romana

Cesare Tamagni
Francesco Vallardi Milano, 1874, pagine 590

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

Aderisci al progetto!

   
[Progetto OCR]




[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   CAPITOLO VI. — QUINTA ETÀ'. 293
   Nella Brettagna, dove i Romani dominarono quattro secoli t'ondandovi trentatre città, il latino non diventò forse mai lingua volgare. I nobili britanni > studiavamo, qualche orma se ne vede ne' vecchi dialetti indigeni, ma non più in là, e il latino scomparve dalla Brettagna insieme colla signoria romana (1).
   I Tedeschi avean incominciato a conoscere il latino servendo nelle legioni romane; lo impararono meglio più tardi quando di sudditi furon diventati dominatori, e nelle terre dov'eran calati dovettero prendere insieme colla religione, colle leggi e colle usanze anche la lìngua de' vinti. Ma nella Germania, se ne togliamo le colonie piantate sul Reno e nel cuore della Svevia, il latino non ebbe modo di estendersi nè di stabilirsi, perchè la signoria di Roma non vi fu mai nè lunga nè sicura (2).
   Nella Grecia ed in tutto l'Oriente la lingua greca oppose una invincibile resistenza alla propagazione del latino. Eppure non vi era ignorato, dacché per antica consuetudine era anche qui la sola lingua del governo. Agi abitanti s permetteva, almeno nella conversazione, di parlare l'una e l'altra; ma i magistrati non conoscevano o fingevano di non conoscere che il latino. Nullameno 1 greco resistette dapertutto, ed anzi nel secondo secolo le lettere greche riebbero, come s'è visto, un momento di splendore che offuscò di lunga mano le romane (3).
   Or dunque è chiaro per le cose fin qui dette, che ì1 latino letterario decadde per più cagioni, altre interne e meramente letterari, altre esterne e^civili o politiche, e che del suo scadimento profittò il latino volgare per emergere e dilatarsi sino a diventare in un certo tempo la sola lingua viva delle genti la'ine o latinizzate in tutto l'impero. Tra le prime cagioni sono da annoverare: il progredire continuo di quelle medesime tendenze che già avean con noiato a corrompere la lingua e lo stile nel primo secolo (4); la mancanza di grandi scrittor ed il prevalere delle scienze, dell'erudizione e della grammatica sulle opere d'ingegno e d imaginazione. Tra le altre s'affacciano da sé la decadenza dell'aristocrazia romana ed ìi sorgere continuo di schiavi e plebei alla libertà, alle ricchezze, agli onori ; 1' autorità civile e letteraria
   sul taglio di: interibilis, elementicius, concupiscentivum, elhnicalis, exfructorius , famulato-rius ecc. S. Agostino ricorda che ai suoi tempi si trascurava la quantità delle vocali, onde per non
   w —
   sentirsi più la differenza di os (ossis) e di os (oris) si venne pel pr/ ~io ad usare ossum, i. Altrove ci dà dolus (duolo) per dolor, floriet per florebit. E il latino africano ci offre i pruni esempi della assibilazione di j e g, e della prostesi dell' i alla s impura (Schuchardt, 1. 99).
   (i) Tacit. Agric. 21. « Jam vero principum filios liberalibus artibus erudire, et ingenia Bri-tannorum studiis Gallorum anteferre, ut qui modo linguam romanam abnuebant, cloquentiain con-eupiscerent. » Per le traccie di latino rimaste nei dialetti bretoni, vedi Diefenbach Celtica II, xi, 134. Aggiungi Fauriel (Dante ecc. II, 22'l). e Schuchardt, L 100.
   (2; Arrninio sapeva il latino per essere stato condottiero di soldati tedeschi nell'esercito romano. Così ce lo descrive Tacito, dopo narrato l'inutile abboccamento col fratello Piavo sulle opposte rive del Reno: « Cernebatur contra minitabundus Arminius proeliumque denunlians, riam pleraque Lat io sermone interjaciebat, ut qui Romanis in castris ductor popularium mcruisset. » (Ann. II. 10). Del resto la più larga diffusione del latino in Germania debbe essere avvenuta in grazia del cristianesimo. Ma era lingua di chiesa, non ancora di scuole.
   (3) Svetonio (Claud. lfi) ci narra che l'imperatore Claudio cancellò dalf albo dei giudici e privò della cittac aanza un greco illustre, perchè non sapeva il latino, e Valerio Massimo ((1, u, 2) degli an.ichi magistrati romani così scrive: « Magistratus vero prisci qu;uitopere suam popilliquc romani maj^statem retinentes se gesserinl hinc cognosci potest, quod inter cetera oblinendae gra-vitatis indicia, illud quoque magna cum perseverantia custodiebant, ne Graeeis unquam nisi latine responsa darent. Quii) etiam ipsa liugu?e volubilitdte, qua pluriinuui va'ent, excussa, per inlerpMem loqui cogebant; non in urbe tantum nostra, sed etiam in Graecia et Asia, quo scilicet laii/ute vocis honos pei omncs genles venerabilior diffunderetur. » Non mancò ai Romani la volontà, ma il potere di latinizzare anche la Grecia.
   (4) Vedi sopra a pag. 264-6o-66, il testo e le note.