capitolo vi. = quinta età'. 287
A. mezzodì d'Italia i Cumani chiesero ed ottennero 180 anni av. C. dal Senato romano la permissione di adoperare il latino negli attì pubblici (1); onde si potrebbe arguire ch'essi lo conoscessero e lo parlassero già da qualche tempo. Ma le orme dei Greci, che in questa parte d'Italia avevano avuto una fiorente letteratura, non furono potute cancellare : il dialetto pugliese tirava al greco (2) ; traccie di greco son visibili nei graffiti pompejani, e Asconio commentando Cicerone (3) avverte che i Siciliani non parlavano beue nè il greco nè il latino. Qui la diffusione della latinità fu contrastata dalla presenza di una lingua e d'una civiltà anteriore, che vi avean tenuto lungo e possente dominio. E fu perciò meno piena che nell'Italia di mezzo: come ognun vede confrontando i dialetti napoletani con quelli delia Toscana e dell'Umbria. Basta passare da Macerata a Fermo per trovare oggi ancora altra gente ed altra favella.
Nell'Italia superiore ci s'affaccia per prima, in grazia di Tito Livio, la paiavi-nità (4), o vogliam dire iJ dialetto latino dei padovani e dei fin iti ini abitatori delle rive del Brenta (5). Una proprietà del quale era, a testimonianza di Quintiliano, di scrivere side, quase, per sibi, quasi (6), come avevan fatto Tito Livio ed Asconio Pediano, che pure era di Padova; e sibe lesse Forcellini in due iscrizioni da lui emendate , delle quali una di Padova, 1' altra di Vicenza (7). Lo stesso Quintiliano riferisce tra i barbarismi una scoppiatura piacentina di certo T. Tinca, noto per le sue lepidezze anche a Cicerone, il quale diceva preculam per pergulam (8). Ma, quantunque Milano divenisse assai presto sede cospicua di studj, nella valle del Po il latino non potè vincere affatto gli antichi dialetti nè sottrarsi del tutto all' azione delle lingue che lo premevano d' oltremonti. Quindi è che i viventi dialetti di questi paesi (se ne togliamo la Venezia ed il Friuli) manifestano una grandissima somiglianza col francese; la quale più che ad altre cause si deve, io credo, attribuire a quell'affinità di stirpe e di lingua che univa già ì Galli di qua e di là delle Alpi. E le traccie della pronunzia francese si trovano nei più anticlu manoscritti; ne sia esempio il Mediceo di Virgilio che ci dà autns per altus, proprio come oggi s'ode ancora in bocca de'Piemontesi (aut = fr haut) (9). A questo modo i nostri volgari latini vengono a dividersi ,i per sè n tre gruppi : e col fatto d'oggi possiamo ancora vedere la latinità forte e schietta nel cuore della penisola diminuire d'intensità e di purezza man mano che si mesce coi Greci a mezzodi e coi Celti a settentrione.
(1) Tito Livio, XL, 42 : « Cumanis eo anno petontibus permissum, ut publice latine loquerentur et praconibus Ialine vendendi jns esset. »
(2) Vedi Schuchardt, L 90.
(5) Div. in Caec., § 39. « Dicit illum graecas litteras simili et latinas in Sicilia didicisse, in ea insula quae neutra lingua bene utatur. »
(k) Quint. Vili, 1: «In Tito Livio, mira facundiai viro, putat incsse Podio Asinius quandam Pa-tavinitaiem » Glie Asinio, imitatore degli antichi sino all'alienazione (vedi Dial. degli Oratori, cap. 21), volesse colla nota di Patavinità censurare non l'eloquenza o le idee politiche di Livio, come altri ha creduto (vedi Bernhardy, R. L., pag. 612, 15 (n. 500) ), ma solamente e propriamente la lingua si capisce da tutto il passo di Quintiliano, dove non si parla d'altro che di serbare la nativa purezza della favella romana.
(5) Vedi Schuchardt, stesso luogo,
(6) Quint. I. 7,
(7) Vedi Schuchardt, come sopra.
(8) Cic. Brut., 4f>. 172. « Ego raemini T. Tincam placentinum, hom inem facetissimi™, cimi familiari nostro Q. Granio praecone dicacilate certare. Eone, inquit Brutus, de quo, multa Lucili.is? (sto ipso: sed Tincam non minns multa ridicule dicenlem Granius obruebat nescio quo sapore ver-naculo. » Quint., I. 5. 12: « Nam duos in uno nomine fecìt barbarisinos Tinca placentinus, si repre-hendenti Hortensk credimus, preculam prò perguict dicens, et immutatone, cum c prò g uterelur, et transmutatione cum r praeponeret e antecedenti. »
(9) Schuchardt, 1. 91.