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libro i'rimo.
Roma, si difese bastevolmente dalla corruzione forestiera, perchè i giovani provinciali, tirati alla capitale dall'ambizione o dall'amor del guadagno, venivano per lo più ad istruirsi nelle scuole di Roma ; e qui, se qualche vizio avessero recato dalle case loro, era facile purgarsene studiando gli autori e conversando colla miglior parte della cittadinanza. Aggiungi che le opere dei maggiori poeti e prosatori eran lette e meditate con grandissima cura anche nelle provincie, e i nomi dei più illustri oratori vi eran altrettanto noti e celebrati quanto nella stessa Roma (1). Se non che la preponderanza di Roma dovette allentarsi e scemare non appena, per la vastità dell'impero e per la stessa diffusione del sapere, sorsero nelle Provincie nuove sedi d'istruzione e di coltura, le quali a breve andare rivaleggiarono colle scuole della metropoli. Ed anche la lingua letteraria non potè non prendere forma dall'indole e dall'uso degli abitanti e tingersi di quel color provinciale, che Pollione notava già nella Imgua d Tito Livio ed appare spiccatissimo negli scrittori gallicani ed africani di questi ultimi secoli. Il quale color provinciale venendo alla lingua scritta dalla lingua parlata (giacché, per uscir di metafora, esso 11011 è altro che l'uso di voc< e maniere proprie del dialetto di un certo paese) non è sempre agevole sceverare le forme e le locuzioni appartenenti al primitivo volgare latino, da quelle che possono esser nate nella provincia stessa (2). Pur non tenendo conto della negligenza o delle capestrerie degli scrittori, i quali nei secoli di decadimento hanno maggior voglia e licenza di sbizzarrire (3).
Poi è chiaro che il latino de' volghi, non essendo stato portato in tutti i paesi dell'impero nell'istesso tempo, doveva uscire mutato da Roma o dall'Italia ogniqualvolta in tempi diversi partivano da quella o da questa colonie per una o per altra parte del mondo. Ed è anche facile vedere che la diversità doveva crescere in ragion composta del tempo e dello spazio ; perocché le colonie uscirono non solo in tempi diverbi, ma anche da diversi luoghi. Quando, come accadde per la colonia mandata da Trajano nella Do,eia, non erano addirittura composte di gente raccolta da ogni paese, e portavano quindi con sò nella nuova loro patria, non un solo, ma molti e differenti dialetti. Dai quali, smozzando via via le differenze, si fece coli' opera del tempo una sola favella, che è il dialetto moldo-vaiaco.
Pertanto se nelle favelle neo-romane si possono oggi con bastevole facilità e sicurezza discernere gli elementi comuni, che procedono dall'antico parlare latino, dai tratti caratteristici di ciascheduna — i quali sono opera delle speciali condizioni di tempo, di luogo, di stirpe e di civiltà -- non è guari sperabile che se ne possa coll'analisi comparativa rifare la storia, fino a trovare precisamente per ciascheduna l'età, la sede e le forme del dialetto latino da cui sia primamente derivata. E, come s'è visto or ora, per le più recenti conquiste del latino si cercherebbe invano, giacché erano fatte da coloni moltilingui: per le antiche s'oppone l'ostacolo del tempo, che permise ad altri di fare e fece egli stesso molti sostanzialissimi cambiamenti. Ma se, per ripetere una fiase già usata* non possiamo descrivere esattamente la genealogia delle lingue derivate dal latino, non ci è tuttavia vietato di seguitare dappresso le traccie della diffusione del latino così in Italia, come nelle altre provincie dell'Impero.
(i) Marco Apro nel Bi&logo degli Oratori dice che i forestieri venendo a Roma chiedevano subito di conoscere quo1 famosi avvocati, di cui avevano udito i nomi nelle loro province (7):.-
(?) Vedi Bcrnhardy, R. L., pag. 522 (2*tOÌ.
(3) Id. Ibid., pag. 305 (230).