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Storia della Letteratura Romana

Cesare Tamagni
Francesco Vallardi Milano, 1874, pagine 590

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a cura di Federico Adamoli

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   284 libro i'rimo.
   ed insieme con esse se ne va il T delle terze persone singolari e plurali dei verbi (1).
   Per questi mutamenti, che riferiamo a sola cagione d'esempio, già tra il terzo ed il quarto secolo dell'éra cristiana erano avviate a distruggersi le prime due declinazioni latine, e s; preparavano le forme delle future declinazioni italiane. Dopoché AE fu ridotto ad E ugualmente nel genitivo e dativo singolare e nel nominativo plurale della prima declinazione, le desinenze dei tre casi si poterono dire cancellate e l'È del nominativo plurale bastò in seguito a dinotare tutte le voci plurali della prima declinazione italiana (2) Cadendo M ed S si eguagliavano nella prima declinazione latina l'accusativo ed il nominativo singolare; e colla mutazione di U in 0 aggiunta a questa perdita di Al ed S nel nominativo ed accusativo singolare, nel genitivo, accusativo, dativo ed ablativo plurale , uscivano quasi intere dalla seconda declinazione latina le presenti forme italiane. Dico quasi per escludere i genitivi singolare e plurale ; giacché del primo non è rimasta traccia nella declinazione italiana (essendo le forme plurali in I nate dal nominativo plurale latino) e la desinenza oro del secondo si è fermata nei pronomi lo^o, costoro, ecc., che di genitivi diventarono all'uopo-nominativi ed accusati/1. Colla caduta di T si ebbero a breve andare, come già sopra abbiam visto, da faciunt, fecit, fecerunt, prima faciun, fece, fecerun, poi facciono (fanno), fece, fecero.
   Nel secondo secolo dopo Cristo abbiamo anche il primo documento di Y per B, il quale scambio sul cominciare del quarto secolo diviene frequentissimo e si incontra anche negli atti pubblici: come ad esempio in un editto di Diocleziano dell'anno 301, nel quale leggiamo lavoratimi per laboratum (3). Giova però avvertire che esso è più frequente nel B interno fra vocali, raro dopo consonanti, rarissimo in principio di parola; e che non mancano esempi dell'antica e giusta scnttura ancora in questi secoli, massime nei monumenti della città di Roma. Intanto il Y, che di sua natura era un suono fuggevole tra vocali e già nei migliori temp, della lingua era sparito da molte forme, cadde anche più frequentemente in questi secoli, lasciandoci per es. i perfetti amai, lodai, cantai, ecc. della nostra prima conjugazione (4).
   Finalmente la sen. ivocale J nel sesto secolo dopo Cristo era avviata a diventar sibilante, mutandosi ora in Z ed ora in GI ; onde da junclum, juvenis, jugum uscirono le voci italiane giunto, giovane, giogo (5). E per essa tra d terzo ed »! quarto secolo C, T, D cominciarono a diventare sibilanti d nnanzi ad io,ia, iu, le; per cui da supplicium, tristitia, diurnus, hodìe, species si fecero alla fine supplizio, tristezza, giorno, oggi, spezie (0).
   Con questi ed altri cambiamenti, che qui non si posson tutti riferire, progredì/a il latino volgare in Roma, nel Lazio e nella media Italia; dove, fosse affinità di sti 'pe, o priorità di conquista, o l'una causa e l'altra insieme, la lingua latina s'era stanziata
   (1) Vedi Corssen, I, 174 e seguenti.
   (2) Fanno eccezione in Italia alcuni dialetti, ad es. il friulano ed il sardo, i quai., come il francese e lo spagnuolo, derivarono la forma plurale dei nomi femminili della la dall'accusativo latino. Così litteras, hi storiar,, gloriai tornano nel sardo (logod.) literas, storias, glorias, nello spagnuolo letras, lasior as, glorias, nel francese lettres, ìustoires, gloires •• nel friulano, che sostituisce
   ad as, Ictiris, storiis, gioriis. (Flecchia. Di alcune forme de'nomi locali dell'Italia superiore, Torino, Tip. Reale, 1871, pag. 14.)
   (5) Vedi Corssen, Voi. I, pag. 131. Qui l'autore adduce anche una serie di voci nelle Quali V fu per contrario cangialo in B, ma nessuno di quegli esemnì è passato nella lingua italiana. Son rimaste, e possono udirsi oggi ancora in alcune nostre Provincie, mere voci del volgo.
   (4) Id. Ibid. Voi. I, pag. 322.
   (5) Id. Ibid. Voi. I. pag. 509 e seguenti.
   (6) Id. Ibid. Voi, 7, pag. 57 a 67 e 2113 a 210.