capitolo vi. — quinta età'.
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sostanza degli scritti si risentono di queste influenze; e se gii eruditi, come Neme-siano, Terenziano Mauro ed altri, si studiano ancora d essere corretti, nelle moltitudini la barbarie si va sempre più diffondendo e con essa la lingua si impoverisce e si inselvatichisce. Già il volgare latino e la metrica volgare fanno capolino sulle iscrizioni. Gli oratori che non sono romani sentono le difficoltà contro le qual devono lottare, per discorrere in una li igua forestiera e non offendere le orecchie degli uditori (1).
bell'erudizione Solino, nella grammatica Nonio Marcello, Aquila Romano nella retorica, i panegiristi, enfatici adulatoi di tutti i principi, nell'eloquenza, che aveva le sue migliori scuole nelle Gallie (a Marsiglia, a Narbona, a Tolosa, a Bordeaux, a Roims, a Treviri), i mag'i biografi, da cui attinsero gli scrittori della stoi:a augusta, nolla storiografia ci provano quanto fossero cadute al basso le lettere d'ogm maniera n quello spaventoso periodo di anarchia, che precedette il regno di Domiziano.
La divisione dell' impero fece sentire il bisogno di raccogliere in un solo corpo le vigenti leggi, quelle almeno che si fondavano sulle costituzioni imperiali: di qui il codice gregoriano, che comprendeva le costituzioni dei principi da Adriano a Diocleziano e nel quarto secolo fu compito col codice ermogeniano.
Nella poesia le lettere pagane non ci offrono che il poema di Nemesiano sulla cacc:i, le regole metiiclie d Terenziano Mauro ed altri minori poemi d'argomento mitologico.
Il cristianesimo, che ad onta della feroce persecuzione di Diocleziano vedeva farsi sempre più vicini i giorni del tnonfo, diede alla letteratura di questo secolo il prosatore ed l poeta, che per purezza e splendore di forma più s' accosta agli an .chi modelli. Lattanzio Firmiano, lo scolaro di Arnobio.
Due grandi avvenimenti caratterizzano il quarto secolo (2) : la vittoria del cristianesimo, oiventato con Costantino religione dell'impero, e il trasporto della residenza imperiale da Roma a Costantinopoli. Cosi Roma, che già sotto Diocleziano aveva cessato di essere la residenza dei Cesari, quando Costantino volle dare all' .mpero vivificato dalla nuova religione anche una nuova sede, fu lasciata a sè stessa, oude ritenne più lungamente il suo carattere di città pagana. Il cristianesimo vincendo fece divorzio dal mondo antico, ma ne salvò la coltura, perocché i barbari, se non fossero stati da esso contenuti, avrebbero distrutto senza misericordia tutto ciò che restava della civiltà occidentale. Se non che, cessando pur di essere la religione dello stato, il politeismo potè per tutto il quarto secolo vivere libero ed alla pali colla nuova religione, e quando venne la sua vòlta d'essere combattuto o perseguitato trovò ancora dei difensori e dei martiri. Ai grandi scrittori cristiani che illustrano questo secolo, ai grandi padri della Chiesa, ad Ambrogio, a Gerolamo, ad Agostino esso può ancora contrapporre con onore il bel nome di Simmaco. Ma fu un ultimo e brevissimo splendore, il guizzo di lampada che si spegne; perocché la fede negli Dei era morta da un pezzo, e il culto esteriore era durato sì a lungo solo per forza d' abitudine e perchè si connetteva colle publiche istituzioni e con tutte le più gloriose memorie di Roma e dell'impero.
Del resto l'opera di Costantino non si limitò a riconoscere la nuova religione ed a trasferire la capitale da Roma a Bisanzio; perchè proseguendo nella via che gli era tracciata dalla necessità stessa delle cose, e compiendo ciò che altri suoi precessori avean cominciato, egli diede nuova forma ed assetto all' impero.
Il quale diviso in due parti aveva due capitali, uguali di grado,, ciascuna col proprio senato, e retta da un proprio prefetto urbano. Per il resto dipartivasi in 13 diocesi e 116 provincie. Capo dello stato era l'imperatore, eletto dalle truppe o destinato dall'antecessore, suoi luogotenenti i prefetti del pretorio; dei quali Costantino diminuì la potenza col nominarne quattro : uno in Costantinopoìi per 1' 0-
(1) Teuffel R. Lit. pag. 799, ecc.
(2) Id. ibid., L. 827, ecc. ecc.