262
libro i'rimo.
cantare le imprese dei numi e degli eroj. E si scrissero, come già nel secolo passato, epopee mitologiche ed epopee storiche. Valerio Fiacco, Imitando Apollonio Rodio, compose nel regno di Vespasiano gli Argonautici; Papinio Stazio scrisse sulle traccie di Antimaco e colla scorta di Virgilio la sua Tebaide. ^'epopea storica fu con fini e fortuna diversa tentata da Lucano e da Silio Italico. Perocché Lucano stoico, come Persio del quale era amico, e pel casato non meno clic per la comunanza degli studi dapprima famigliare di Nerone, poi, quando il geloso imperatore gli ebbe vietato di publicare i suoi versi, diventato suo nemico e partecipe di quella congiura di Pisone che ebbe, anche per lui, si tristo e vergognoso line, Lucano, dico, volle colla Parsagli a rivendicar Pompeo e la causa della libertà, insieme colla quale erano, secondo lui, perite per mano di Cesare anche la potenza e la grandezza di Roma. Che egli meditasse di distruggere limpero non parrebbe, chi guardi alle smaccate lodi che fa di Nerone nel primo libro ; forse, seguitando l'andazzo degli stoici e un sentimento comune ancora al suo tempo, s'accontentò di rendere un tributo d'ammirazione agli ultimi difensori della republica; e della presente servitù, come dei mali che le facevan turpe corteggio, volle far colpevole la fortuna di Roma che aveva data la vittoria in pugno al loro nemico.
Come che sia, la Farsaglia abbonda di alti e generosi sensi ed è tinta di una profonda mestizia che ben risponde all' argomento ed ai tempi ne' quali fu scritta. Giacché, se anche il poeta non ci persuade che Pompeo difendesse la causa della libertà e della giustizia, e Catone fosse l'ideale della virtù, questa vinta, quella conculcata da Cesare, ci fa però sentire tutto l'amaro dolore di una gente, che doveva rimpiangere sempre il passato senza alcuna speranza di poterlo rinnovare. Perocché nè speravano aiuto dagli Pei, che amavano punao i colpevoli, non soccorrere all'innocente, nè dal popolo corrottissimo e non d'altro sollecito che del pane quotidiano; onde della perduta libertà li pungeva un inestinguibile desiderio e come un rimorso, che tratto tratto spingevali a consigli ed atti temerarii, seguiti quasi sempre da codardi ed inutili pentimenti.
Un teina più sicuro scelse Siilo Italn-.o, che copiando Livio ed imitando Virgilio compose con tutte le regole dell'arte il suo poema delle guerre puniche.
Nominando le egloghe di Calpurnio, fredda imitazione di Teocrito e di Virgilio, le liriche di Cesio Basso e le favole di Fedro, noi avrem chiuso il ciclo dei più noti poeti e versificatori di questo secolo. I quali seguitarono nello scrivere i grandi esemplari del secolo precedente, ma, come accade quasi sempre degli imitatori, prima dei pregi ne copiarono i difetti, ed esagerandoli composero tutt'insieme una poesia più aggraziata che bella, più lìorita ed artificiosa che sana e sincera. E molto le noe-quero i retori, che in questo secolo corruppero ogni cosa falsando fin dalle scuole il gusto del publico e l'arte degli scrittori. Onde se ne togliamo Fedro, che sta come fra i due secoli, i satirici e Lucano, ne'quali i frizzi mordaci, le sdegnose invettive, gli alti pensieri compensano largamente i vizii dello stile a volte oscuro, contorto ed enfatico, gli altri poeti non son oggi letti che dai curiosi e dagl' eruditi. E davvero chi si ristà a guardare una copia, per quanto fedele sia e ben lavorata, quando l'occhio e 1' animo possono a lor posta saziarsi nella contemplazione dell'originale? Queste opere sono adunque frutti più di riflessione e di studio che d'ingegno, e dinotano il cattivo stato di una letteratura, che fatto divorzio dal popolo corre a gran passi verso la sua rovina.
In siffatte condizioni può ben vigere ancora per qualche tempo la prosa, che insegni cose utili allo stato ed ai cittadini ; perocché le scienze e la erudh me nelle età di decadenza non sempre muoiono insieme colle lettere, e mandano anzi talvolta sprazzi di più viva e benefica luce: può di quando in quando udirsi ancora l'acerbo suono dell'epigramma che punga i vizii più sozzi od irrida alle insanabili miserie; ma nè la tragedia, nè l'epopea, nè la lirica possono durare lungamente dopoché lo scetticismo ha disseccate le vive fonti dell'ispirazione e il tempo ha cancellato negl animi il desiderio e fin la memoria delle antiche grandezze. Perciò era giusto il dire che questo secolo fu il primo ed il più grande della letteratura imperiale ; dopo tanti