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libro i'rimo.
tragedia si staccavano i monologhi più commoventi per cantarli a parte, press'a poco come noi facciamo colle arie de' nostri melodrammi.
Ma i pantomimi godevano, come già si disse, sopratutto del publico favore, e guardando al gesto rapido e parlante dei nostri meridionali noi comprendiamo co-in' essi potessero coi soli atti supplire anche alle manifestazioni del volto coperto dalla maschera, e vincere nella tinozza, vivacità e perfezione dei moti e delle maniere tutti ì mimi de'nostri giorni. E l'essere queste rappresentazioni intelligibili a tutti gli spettatori, anche a quelli che non sapevano nè di latino nè di greco, fu per avventura in Roma abitata da gente di ogni paese non l'ultima delle cagioni per cui s'impossessarono così facilmente del teatro e vi tennero lungo dominio.
Pilade e Batillo sotto Augusto perfezionarono la danza mimica e ne fecero un genere a sè, destinato, come s' è visto, a succedere nel posto della tragedia che veniva morendo. E l'arte del compositore consisteva nel raccogliere i momenti più gravi ed attraenti del drama in una serie di monologhi lirici, 1 quali erano eseguici da un solo pantomimo (1), che doveva perciò fare successivamente parecchie parti, si d'uomo si di donna, mentre il testo di ciascun monologo era cantato dal coro (2). E i libretti di queste pantomime, se alcuno anche ne fu scritto apposta, per la più parte erano centoni di vecchi drami greci e latini. Sebbene sia vero che anche llustri poeti non isdegnarono d'occupare l'ingegno in siffatte composizioni (fabulae sal-ticae), che i pantomimi del resto pagavano assai bene. Lucano ne scrisse quattordici, e Stazio, il quale dalla lettura della sua Tebaide non cavò che sterd applausi, vendette a caro prezzo un' Agave tutta nuova al ballerino Paride (3).
I soggetti di questi libretti si toglievano per lo più dalla mitologia o dalla leggenda greca. E non raramente erano tragici: come Atreo e Tieste, Ajace furioso. Ercole furioso, Niobe, Ettore, Edipo; quantunque piacessero assai più al gusto degli spettatoi i soggetta erotici: come gli amori e le mille trasfigurazioni di Giove, Venere ed Adone, Venere e Marte nella rete di Vulcano, Apollo e Dafne, Ippolito e Fedra, Meleagro ed Atalanta, Giasone e Medea, Achille e Briseide, Arianna a Nasso, Pasifae, Oinira e Mirra, che fu rappresentata alla vigilia dell' assassinio di Caligola. Eraii queste le rappresentazioni che sul teatro più dilettavano gli spettatori non di Roma soltanto, ma di tutto il inondo. E seguitarono ad essere in Roma e in tutto l'impero la peggior scuola di vizif e di laidezze, massime per le donne, che se ne dilettavano moltissimo e vi perdevano insieme colla vergogna l'onore (4).
Più conforme all' indole nazionale ed alle tradizioni letterarie la satira continuò
(1) Egli doveva fare, per esempio, prima Atamante furioso, poi Ino spaventata, oppure prima Atreo, poi Tieste, poi Egislo; oppure di seguito Bacco, Cadmo, Penteo ed Agave. Ne ciò bastava, perchè egli doveva agire in modo come se gli altri personaggi fossero sulla scena, e facendo, a me d' esempio, la parte di Achille indicare nello stesso tempo quella di Paride, facendo Prometeo indicare Vulcano, facendo Giove, Ganimede, e va dicendo. Ed erano davvero prodigiosi.
Sotto Nerone, il filosofo Demetrio avendo una volta parlato di loro con dispregio, e detto che essi non avrebbero alcun successo, quando si levassero i cori e la musica, il più famoso pantomimo d'allora (forse Paride) volle convincerlo ballando davanti a lui l'adulterio di Marte e di Venere. E coi soli gesti significò così chiaramente l'avviso dato da Febo a Vulcano, le insidie che questi avvisalo tese agli amanti, le catene invisibili, la vergogna di Venere, le preghiere di Marte c la parte di tutti gli altri Dei chiamati da Vulcano come tcslimonii, che il filosofo ripieno d'immmirazione confessò il suo torto (Friedlander. Voi. II, pag. 222).
(2) Il canto corale surrogato agli a solo della tragedia è una novità di Pilade, il creatore della pantomima, il quale in luogo del semplice flautista pose una numerosa orchestra ^Friedlandcr. Voi. 2, pag. 219).
(3) Vedi sopra a pag. 241.
(4) Vedi Giovenale Sat. VI, 03, ecc. ed in Plinio (Epist. VII, 24) il bclf esempio di Quadrato, che vivendo coll'avola Ummidia Quadratili nè in teatro nò in casa assistette mai agli spettacoli dei pantomimi, di cui la nonna sua era vaga anche oltre il convenevole.