248
libro i'rimo.
quello che volesse, ed aveva nel suo diritto o nella sua forza una giusta ragione di sperare la vittoria. La quale non era mai tanto crudele e sanguinosa, che alla patria 11011 ne venisse un qualche vantaggio, e che un aumento di gloria e di potenza o la riparazione di una secolare ingiustizia non pagassero abbondantemente il prezzo dei patiti dolori, delle vite e delle fortune distrutte. In breve la storia republicana s'era fatta nel corso de' secoli coll'opera di tutto il popolo, e la parte di merito o di colpa, che ci aveva ciascun cittadino, era misurata unicamente dalla somma dei vantaggi o dei danni che aveva recati alla republica. Con questo criterio gli storici d' allora giudicavano uomini e cose; e, di qualunque partito fossero per sè medesimi, non seguivano nello scrivere altra guida che il sentimento publico, nè ascoltavano altro voce che quella della patria. Patrizìi e plebei, popolari ed ottimati intesero tutti ad un modo e tutti ad un modo scrissero le patrie storie; e noi vediamo che le origini, i progressi, il decadimento della potenza romana non furono narrati diversamente, nè attribuiti a differenti cagioni da Sallustio e da Livio, quantunque l'uno fosse stato partigiano di Clodio e di Cesare, e 1' altro ancora sotto Augusto si mostrasse di mente e d'animo favorevole alla causa di Pompeo.
Pertanto gli errori e le parzialità, che certamente non mancarono in quelle scritture, più che agli autori sono da attribuire alla tradizione, ed all' opinione popolare cui seguitavano. Essi avevano comuni i pregiudizii e gli errori coli'età e col popolo; ma non si può dire che l'amore li facesse mai veramente parziali, o 1' odio ingiusti con alcuno. Prendevano tutta o parte di quella che si reputava materia degna di racconto, cercavano i fatti, li esaminavano ed ordinavano con que' cri-terj e modi, che allora erano creduti migliori, e nel valutarli non si dipartivano dalla massima, che quelle sole azioni son buone e meritevoli di lode le quali siano anche utili alla patria. I motivi dei loro giudizii non derivavano da alcuna privata considerazione, ma dai fatti che tutti vedevano, o che per l'esperienza del passato si potevano facilmente presagire. Come non era presumibile l'ignoranza di avvenimenti registrati negli atti publici, nelle leggi, nei costumi, e stampati a note indelebili nella memoria di tutto il popolo, così erano anche meno facili la parzialità o la menzogna. Giacché per le cose antiche esse non avevano alcuna probabile caghile, per le nuove e più per le nuovissime potevano facilmente e da chicchessia essere svelate e redarguite.
Per questi motivi noi prestiamo tuttavia moltissima fede agli storici republicani, e crediamo, che colle loro inesattezze ed errori ci rendano ancora una giusta imagine dei secoli che descrivono.
Cogli storici dell'età imperiale la bisogna procede un po' diversa, e le loro lodi come i loro biasimi ci sono ugualmente sospetti, perchè temiamo che possano derivare da privati affetti, da pregiudizii politici, e da ogni altro motivo che non sia quello di far testimonianza della verità. Le lodi ci pajono adulazioni di scrittori codardi o corrotti, le censure risentimenti e vendette d'una gente oppressa contro gli oppressori. La mancanza di libertà toglie credito alla sincerità del racconto, come la continua ripetizione degli stessi fatti vergognosi od atroci ci fa dubitare, che nell'animo dello storico la imparzialità sia stata qualche volta soprafatta dal tedio o dall'ira. Ma a queste cause generali di dubbio e di diffidenza, le quali potevano ancora essere facilmente superate dalla scienza e dalla onestà dello scrittore, se ne volle dai critici moderni aggiungere un' altra più particolare e profonda, la quale, a parer loro, trasse a commettere gravi errori ed iugiusti/ie gli storici più autorevoli di questo secolo.
Essi vogliono dire che. avvezzi per tradizione di partito e di scuola a considerare Roma come il centro a cui dovessero far capo tutt, gli interessi dell'impero, ed in Roma stessa a credere che il primato spettasse ancora, come ai bej tempi della libertà, alla nobiltà del sangue o dell'ingegno, a chi avesse più antenati o fosse più benemerito della patria, gli scrittori guardarono con occhio indifferente alla condizione generale dello stato, per vedere soltanto i mali d'una città e di una classe. Vivendo, si dice, in Roma ed essendo per indole come per istituto amici